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Il sogno che aiuta a crescere

10/09/2007

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“E’ un sognatore”. In una parola, un giudizio sommario di inconcludenza, di scarso contatto con la realtà, di vita sospesa al filo dei sogni ad occhi aperti, di fuga addirittura dal quotidiano per rifugiarsi in una sorta di “second life” virtuale, non tanto su Internet quanto nel proprio immaginario. Eppure la capacità di sognare ad occhi aperti, pensando al futuro, e al proprio destino nel futuro, è il motore più potente della realizzazione personale. “Non osare è già una sconfitta. Rallegriamoci per un progetto ambizioso, o addirittura utopico, perché le cose si muovono solo se si sogna”. Questo infatti sostiene, tra gli altri, Andrée Putman, designer parigina dal temperamento creativo e ardente, e grande avvocato del potere del sogno ad occhi aperti nell’orientare la propria realizzazione nella vita, affettiva e professionale. Realizzazione possibile, in verità, anche nel grande cosmo sociale, come dimostrò in modo straordinario Martin Luther King, con il suo celeberrimo discorso intitolato “I have a dream”, in cui esplicitava il sogno che ispirò tutto il suo progetto per una migliore integrazione della gente di colore nella società americana, allora tremendamente razzista.
Che cosa distingue dunque il sogno di fuga dalla vita dal sogno capace di muovere le cose?
Innanzitutto, la motivazione al sogno. Difensiva, in chi si rifugia nei sogni perché la propria esistenza è deludente, difficile, frustrante, o comunque percepita senza chances. Perché sente se stesso come incapace di affrontarne le difficoltà, le asperità, le trappole misteriose e gli affanni. Perché avverte come paralizzante l’inaffidabilità di molti uomini e donne, la mancanza di regole condivise e rispettate, il cinismo imperante. Il sogno a occhi aperti diventa allora un’oasi consolatoria nel breve termine, perché consente di vivere in un mondo di luce, dove i sogni personali magicamente si realizzano, dove gli altri ci sorridono, ci amano e ci aiutano, dove non ci sono preoccupazioni economiche (quanti passano ore a progettare che cosa comprerebbero se vincessero alla lotteria?) e tutto ci viene facile e bene. Nel medio e lungo termine, tuttavia, l’atteggiamento sognante svia energie preziose dalla realtà, aumenta il divario tra vita reale e sogno e finisce per potenziare in modo drammatico il senso di frustrazione e di fallimento. Anzi, spesso la tendenza al sogno viene aumentata con droghe cosiddette “leggere”, come la marijuana, o con l’alcool, che ulteriormente aumentano il distacco narcotico dal quotidiano, in un naufragio dell’Io, specie nei ragazzi più giovani.
Di converso, la motivazione espressiva al sogno ad occhi aperti è la prima grande alleata dell’altrimenti misteriosa capacità di far sì che le cose si muovano. Espressiva di che cosa? Di sé, delle proprie intuizioni, dei propri talenti, delle proprie speranze, dei propri ideali etici, del proprio coraggio, anche, nel credere che si possano cambiare in meglio le cose.
La seconda differenza sta in quella che mi piace chiamare la pragmatica del sogno. Nel sognatore puro non c’è l’impegno personale nel cambiare e migliorare se stesso, in primis, per far sì che le cose accadano. Non c’è comprensione di quella profonda verità, così ben esemplificata nella parabola delle ancelle che vegliano attendendo il ritorno del loro Signore: “Estote parati”, siate pronti. Per essere pronti, nella vita, occorre fare e allenarsi: affinando la propria intelligenza, cognitiva ed emotiva; la propria conoscenza; l’entusiasmo, il gusto di provarsi nelle cose, sia a livello intellettuale, sia a livello fisico, per esempio negli sport, specie nell’infanzia e nella giovinezza. L’allenamento di sé e dei propri talenti è il prerequisito: nella pragmatica del sogno c’è poi l’impegno, e la fatica anche, di tradurre il sogno in realtà. In un dialogo continuo tra immaginario ed esistenza quotidiana, in cui il sogno ad occhi aperti aiuta a trovare soluzioni e risposte agli inevitabili ostacoli che la vita pone ad ogni progetto, agli aggiustamenti, alle ridefinizioni, alle modifiche, ai cambi di direzione e di destinazione. Un insegnamento che si sta smarrendo negli stili educativi con cui alleviamo i nostri ragazzi. Una scuola senza stimoli e senza difficoltà perde il suo valore di palestra mentale ed emotiva, non allena a sognare un progetto di sé meritevole di essere coltivato. Diventa un parcheggio per ragazzi frustrati, futuri adulti senza orizzonti. E’ nostro compito appassionare i ragazzi alle sfide, incoraggiarli a sognare, sì, ma con un pragmatismo realizzativo che li incoraggi ad essere protagonisti del proprio destino e della propria felicità.
La terza differenza sta nella personalità e nella capacità di resistenza alla frustrazione. La personalità debole fugge nel sogno alla prima frustrazione: va invece aiutata ad avere più fiducia nelle proprie capacità, nella realtà. La personalità solida invece si rinforza e cresce naturalmente proprio allenandosi ad affrontare le difficoltà, di cui non si fa un alibi per giustificare un fallimento. Difficoltà che legge anzi come uno stimolo, a volte anche molto doloroso, per capire come superare meglio e più efficacemente lo scoglio.
C’è un gran gusto nel realizzare i propri sogni, già nel provarci. Nel vedere e sentire che le cose nel nostro piccolo grande mondo si muovono anche perché noi crediamo di poterle cambiare. Perché ci impegniamo personalmente per farlo, senza arrenderci al qualunquismo o al cinismo dei tempi. Perché abbiamo creduto alla bellezza dei nostri sogni e abbiamo dato tutta la nostra energia e il nostro coraggio, per realizzarli. Questo è l’essenziale, da trasmettere con passione ai nostri figli.

Autorealizzazione Riflessioni di vita

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