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Condilomatosi genitale: a cosa è dovuta e come affrontarla

07/03/2007

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Sono ancora troppe quelle che si "fidano" del partner di una notte. E il (brutto) risultato lo scoprono a settimane o mesi di distanza: il Papillomavirus. Che è in rapidissima diffusione.
“La scorsa estate, durante le vacanze, ho avuto un’avventura molto appassionata con un bellissimo ragazzo di 33 anni (io ne ho 38). Poi la cosa è finita, un po’ per la distanza (abitiamo a quasi mille chilometri), un po’ per l’impossibilità di continuare la storia in un progetto di coppia (lui diceva che non era pronto...). Pensavo mi restasse un bel ricordo. Invece no! La scorsa settimana vado dal ginecologo per il controllo annuale e mi dice che ho dei condilomi genitali e che devo curarli bene perché altrimenti le lesioni peggiorano! Che cos’è esattamente questo virus di cui mi ha parlato il medico? E’ possibile che dorma per dei mesi? Io non ho avuto nessun altro rapporto da allora... Il mio bel ricordo si è tramutato in rabbia: verso di me, che sono stata una cretina a non usare il profilattico solo perché ero innamorata e mi fidavo; e verso di lui, che mi ha passato questo bel guaio. Le chiedo: qual è a cura migliore? Sarà definitiva? O ci possono essere delle recidive, come dice il mio ginecologo? Ho il morale a terra...”.
Valeria R. (Sassari)
Gentile Valeria, capisco la sua rabbia, anche verso se stessa per la mancata prudenza: sentimento comune a tutte le donne che si trovano con questo regalo avvelenato, durante o dopo una storia d’amore. E capisco la sua delusione. Tuttavia, devo anche dire che purtroppo è altissimo il numero di donne che, “fidandosi”, non usa l’unica precauzione certa e sicura: il profilattico sempre, fin dall’inizio del rapporto. Sì, il Papillomavirus, chiamato brevemente HPV, dalla sigla inglese Human Papilloma Virus, causa i condilomi, detti anche verruche veneree, e molti altri guai (carcinomi del collo dell’utero, della vulva, del retto, della laringe...). Può restare silente per settimane o mesi, e dare poi segno di sé con lesioni diverse. Anche se ben curato, può recidivare. Ecco perché la prevenzione primaria, evitando il contatto con il virus e/o, prossimamente, utilizzando il vaccino prima di entrare in contatto con il virus, può evitare tutta la cascata di patologie associata all’infezione stessa. Patologie che ho imparato a conoscere nelle donne fin dal lontano 1985, quando preparavo la mia tesi di specializzazione in oncologia, che verteva proprio sui diversi trattamenti allora in uso per la cura delle lesioni pretumorali del collo dell’utero, causate dal Papillomavirus.

Che cosa sono esattamente i Papillomavirus?

I papillomavirus sono un’enorme famiglia di virus, di cui fanno parte oltre 100 ceppi diversi, tra loro cugini, a diverso grado di aggressività. Si parla di ceppi a “basso rischio oncogeno” e “alto rischio oncogeno”: si distingue così una diversa aggressività e nocività. Alcuni tipi sono di maggiore interesse per la patologia umana, in quanto sono responsabili dei condilomi e dei diversi carcinomi di cui le parlavo. Nella donna, il tipo 6 e 11 causano il 90 per cento delle verruche veneree o condilomi; il tipo 16 e 18 causano il 70 per cento dei cancri del collo dell’utero. Spesso, tuttavia, vengono contratti più ceppi contemporaneamente. La caratteristica principale è che il codice genetico dell’HPV, il cosiddetto DNA, usa, per così dire, lo stesso alfabeto del nostro codice genetico contenuto nelle cellule del nostro corpo. Il virus, una volta entrato nella cellula, che è quindi infettata, può letteralmente mimetizzarsi nel nostro codice, perché usa lo stesso linguaggio chimico, alterandone però alcune aree critiche per il controllo della moltiplicazione cellulare. Ecco perché i virus a DNA, come l’HPV, ma anche l’Herpes, una volta entrati nelle cellule non se ne vanno più. E perché possono quindi riattivarsi periodicamente, causando diversi tipi di lesione “recidivante”. La vulnerabilità alla manifestazione delle lesioni virali dipende molto dal nostro stato immunitario: quando siamo emotivamente e/o fisicamente più vulnerabili, il virus può esplodere...

L'infezione da HPV è rara o frequente?

E’ molto frequente e, in particolare, in rapido aumento – una vera epidemia – data la crescente promiscuità non protetta che caratterizza i comportamenti sessuali occidentali. I condilomi sono addirittura i tumori benigni più frequenti della zona ano-genitale esterna. Negli Stati Uniti ed in Europa le verruche della zona ano-genitale si riscontrano in circa l’1–2 per cento degli adulti sessualmente attivi tra i 15 e i 45 anni. La massima vulnerabilità all’infezione si colloca tra i 16 e i 25 anni, perché in questa fase della vita è maggiore la promiscuità, anche in adolescenti “a basso rischio”. Con test opportuni (utilizzando liquidi particolari, come l’acido acetico, tecniche di ingrandimento ottico – colposcopia – e la citologia) si possono identificare infezioni subcliniche da HPV in circa il 4 per cento delle persone sessualmente attive. Un’infezione latente da HPV, determinata soltanto dalla presenza del DNA virale senza evidenza clinica, istologica, citologica o colposcopica, si trova in circa il 10-15 per cento di questa fascia d’età. Infine, molte persone (fino al 75 per cento, secondo alcuni studi) sviluppano anticorpi contro il virus senza manifestare alcuna infezione clinica, grazie alla produzione di anticorpi antivirali particolarmente efficaci. Il 15 per cento è portatore sano.

Come si fa a capire se si è contratto un virus a basso o alto rischio?

Attraverso il cosiddetto “Vira-pap”. Si tratta di un test molto semplice: con una spazzolina leggera si preleva del materiale dai condilomi o dal collo dell’utero, per fare poi in laboratorio la ricerca delle sequenze genetiche del papillomavirus. In caso di condilomatosi genitale è bene rivolgersi ad un medico esperto in questo campo, così da aver la cura più appropriata al caso: che tenga conto cioè non solo dell’estensione, del numero dei condilomi e della velocità di moltiplicazione, ma anche del miglior bilancio tra possibilità di guarigione, effetti collaterali e, non ultimo, costi della terapia. Dei vaccini contro l’HPV parleremo in dettaglio la prossima settimana!

Approfondimento - Come curare i condilomi genitali?

Esistono due tipi di trattamento: farmacologico e biofisico.
- farmacologico: include tutti i farmaci cosiddetti modulatori della risposta immunitaria (Immune Response Modifier, IRM), tra cui l’imiquimod, il cui obiettivo è potenziare la risposta immunitaria locale, così da combattere il virus dall’interno del corpo, con le proprie forze. L’imiquimod, prescritto dal medico e rimborsato dal SSN, va applicato localmente sulle lesioni, in strato sottile, tre volte la settimana, la sera, e lasciato in sede per 8 ore circa, dopo le quali la pomata va lavata accuratamente. Il trattamento, effettuato dal paziente stesso, in genere prosegue per 8-12 settimane (fino ad un massimo di 16). Può causare rossore, bruciore, dolore, gonfiore locale. La guarigione è ottenuta in circa il 70-75 per cento dei casi.
- biofisico: utilizzando metodi distruttivi (nei confronti del condiloma!) quali la crioterapia, la terapia col laser, l’elettrocauterizzazione, l’escissione chirurgica o la causticazione con acidi (acido tricloroacetico). Questi metodi di trattamento biofisici finora impiegati sono caratterizzati da elevati tassi di recidive.
Sono il ginecologo (o il dermatologo) di fiducia a scegliere e consigliare la terapia più adatta al singolo caso, così da ottimizzare la cura e minimizzare il rischio di effetti collaterali e recidive.

Condilomi genitali Malattie sessualmente trasmesse Papillomavirus

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