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Vite in bilico tra la paura e l'angoscia

19/03/2012

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

«Che angoscia! Non ce la faccio più! Mi ha lasciato. Senza di lei non posso più vivere…». «Mi sento così solo. Il mondo ha perso ogni luce». «Questa situazione mi fa paura: non so come farò ad andare avanti…». In tempi difficili, angoscia e paura crescono in modo esponenziale. Che cosa le differenzia? Che cosa le accomuna? Come si può superarle?
L’angoscia si differenzia dalla paura per l’indeterminatezza che la caratterizza: indica infatti un disagio, un malessere acuto, pesante, indefinito e insieme oscuro, “che opprime il cuore”, mentre la paura è riferita a un pericolo preciso. Attenzione: questo senso di indeterminatezza angosciata non si produce però per dilatazione della paura, come ben scrive Roberto Mancini, in “Il silenzio, via verso la vita” (Edizioni Qiqajon, 2002). Non è una differenza quantitativa, ma sostanziale: nell’angoscia ho perso la fiducia che qualcuno mi possa aiutare, confortare, ridare fiducia nella vita. Fiducia ancora presente nella paura, perché credo che qualcuno mi aiuterà ad affrontare ciò che mi impaurisce. Nell’angoscia sono nel deserto dell’assenza, della solitudine senza risposte.
Il passaggio da paura ad angoscia non sembra risiedere dunque in ciò che le provoca, e nemmeno nell’intensità dei sentimenti negativi avvertiti, quanto nella differenza delle risposte percepite. Resto nel regno della paura quando credo che ci possa essere ancora qualcuno che risponderà alle mie grida di aiuto (reali o virtuali) e correrà in soccorso. Mi ritrovo nel disperante regno dell’angoscia quando all’orizzonte non intravvedo più nessuno in grado di aiutarmi, o motivato a farlo, e sento che la mia solitudine è infinita, ineludibile e senza scampo. Dall’angoscia alla disperazione, alla perdita di ogni speranza, il passo è breve. Ed è quest’angoscia avvolgente e disperata che può portare al suicidio, evento definitivo e senza appello, oggi scelto da giovani e anziani, come necessità finale di fronte al vuoto esistenziale percepito. Non conta se il ragazzo suicida ha un padre, una madre, dei fratelli. Se aveva amici o almeno compagni di giochi. L’abbandono da parte della ragazza amata, in una relazione di dipendenza più o meno consapevole, azzera il valore di tutte le altre figure d’affetto. Senza di lei si apre il baratro dove muore ogni desiderio di vita.
Il gesto autolesivo, che azzera il valore della vita, concretizza in realtà una morte che è già avvenuta nella mente, nel cuore, nell’anima. In molti, in un momento di angoscia terribile, abbiamo pensato: «Voglio farla finita». Non l’abbiamo fatto, spesso, per non dare un dispiacere troppo grande a una madre amata, un figlio, una compagna. In questo preoccuparsi per il dolore dell’altro ci sono un senso di responsabilità che va oltre la disperazione personale e ci tiene in vita, ma anche il senso di una relazione d’amore di qualità, da proteggere anche dalle nostre impulsività autolesive.
Se questo senso del dolore che procureremmo ad altri, uccidendoci, manca, l’angoscia può essere fatale. «Come ho potuto non capire che era così disperato?», si chiede allora, sgomento, chi sopravvive al suicidio di una persona amata. Domanda dolorosa, difficile, lacerante. Spesso è impossibile capire, perché l’angoscia divampa rapida, incontrollabile come un incendio gonfiato dal vento di emozioni forti e distruttive. A volte, l’intuizione c’era stata, ma non era stata ascoltata: perché ci faceva paura, ci inquietava, ci disturbava. E intanto l’irreparabile è avvenuto. Altre volte ancora, si è rimandato l’aiuto a domani. Ma domani è troppo tardi.
Nella vita di ciascuno, la paura è un semaforo giallo, l’angoscia un semaforo rosso. La prima richiede attenzione e presenza in chi ci sta vicino; la seconda chiede un aiuto urgente: affettivo, a volte anche psicoterapeutico e farmacologico. Sorelle della solitudine, paura e angoscia, chiedono – con diversa urgenza e intensità – un abbraccio, un aiuto concreto, una parola d’amore capaci di riaccendere la speranza e la fiducia nella vita, prima che sia troppo tardi.

Paura Riflessioni di vita Suicidio

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