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Vacanze di assenza o di pienezza

01/08/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Come sarà la nostra estate? Linguaggi diversi esprimono potenzialità e prospettive differenti. L’italiano “vacanze” suggerisce nell’etimo il periodo di interruzione dalle normali attività lavorative. Deriva dall’antico vacare, “essere vuoto” e, successivamente “essere libero” e “aver tempo di occuparsi di qualcosa”. Un pausa, dunque, un vuoto, che può limitarsi all’assenza, a uno stato interiore ed esteriore di mancanza, di lontananza dalle normali attività, e trasformarsi in un rituale ciondolare dalla spiaggia alla casa, o all’albergo. Una pausa di cui resterà, per poco, il labile colore dorato dell’abbronzatura e la sensazione, dolorosa, che “ancora un anno è passato/senza un lamento/senza un grido/levato a vincere d’improvviso un giorno”, come dice un poeta. Una pausa vuota che alimenterà le malinconie intristite dell’autunno. Oppure uno stacco aperto alla contemplazione e alla riflessione, e quindi ai moti del cuore che cercano finalmente un momento di distacco dalla abituale frenetica concitazione del vivere. O, ancora, un vuoto che può riempirsi di altro: di svago, di esperienze trasformanti, d’amore o esistenziali, di accelerazioni adrenaliniche, di divertimenti sfrenati, di una sorta di euforia dell’anima e del corpo, per ricaricare le pile in vista del lungo inverno, che si presenterà identico ai tanti inverni già passati. Una pausa dai ritmi abituali, per accendersi di musica, di carezze, di eccitazioni anche momentanee, di passioni fugaci, ma che danno a corpi e cuori narcotizzati dalla routine la sensazione di essere di nuovo vivi e palpitanti, con i sensi all’erta e la pelle che canta.
L’italiano suggerisce dunque, nell’etimo di “vacanza”, una straordinaria potenzialità espressiva, piena di luce e di ricordi indimenticabili, ma anche le insidie di un vuoto, di una palude senza nome, che inghiotte i giorni e restituisce la persona all’autunno ancora in preda all’accidia inconcludente e torpida che ha silenziosamente divorato la sua estate. Una vacanza laica, nella sostanza, che sta a ciascuno di noi riempire di significati, di emozioni, di ricordi, di amore e di illusioni d’amore, che pure hanno il pregio di farci riassaporare il profumo di giovinezza che sempre l’innamoramento, anche fugace, porta con sé.
Curiosamente, la parola inglese che indica vacanza, così conosciuta – holidays – ha tutt’altro significato: “giorni santi”, giorni del Signore, derivando da holy, santo, sacro, benedetto, e days, giorni. Un’accezione originariamente religiosa, quindi, per i giorni dedicati allo spirito, alla ricerca di cose alte, al percorso che dalla concretezza del fare quotidiano cerca di levarsi a livelli più alti di consapevolezza, di spiritualità e di armonia. Giorni benedetti, ancora nell’etimo chiaro, anche della pienezza, quando l’anima, trascurata dalla frenesia quotidiana, può tornare ad essere protagonista di un ascolto diverso, anche dei piccoli e grandi malesseri che percorrono la nostra vita e cui mettiamo, ormai quasi automaticamente, il silenziatore, perchè c’è sempre meno tempo di ascoltarli.
Da medico leggo in questi giorni benedetti anche un’altra potenzialità: l’ascolto del corpo, il grande regno del nostro inconscio. E dunque lo schermo su cui ogni giorno la mente proietta e agita tutte le emozioni irrisolte cui la coscienza non riesce a dare ascolto e voce, trasformandole in dolore e malattia. Sono giorni benedetti se da quest’ascolto del corpo, delle sue ragioni, dei suoi malesseri e disagi, nasce la voglia di cambiare. Di vivere la vacanza non come una pausa più o meno vuota o più o meno frenetica, ma come un momento di trasformazione che ci porta all’autunno diversi: non per i buoni propositi – sempre irrealizzati – di cui sarà lastricato l’inverno del nostro scontento, ma perché finalmente sintonizzati su un’altra onda. Quella che ci riporta al centro dell’attenzione di una vita di qualità, senza più correre come burattini agiti da una frenesia di cui abbiamo perso la ragione e il senso. Una bella estate di pienezza, e non di assenza, che rinforzi la capacità di ascolto del corpo e del cuore. E che ci carichi a sufficienza di energie luminose perché ogni anno ci consegni all’autunno con uno slancio in più, e  un livello più alto di consapevolezza e di armonia interiore. 
E allora? A ciascuno la sua vacanza, sull’onda ispirata delle parole che descrivono questa fase contemporanea della vita. Perché le parole hanno un potere straordinario, tanto maggiore quanto più le usiamo con consapevolezza, competenza e in modo appropriato. La vacanza, con i suoi giorni benedetti, sarà allora preziosa anche per ripensarci, dopo l’estate, aperti su un futuro almeno un po’ diverso dalla misura e dai modi con cui all’estate eravamo arrivati, sognanti e stanchi.

Autorealizzazione Riflessioni di vita Vacanze

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