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Se il figlio mancato spegne l'eros

07/02/2007

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Una gravidanza interrotta, il sogno sfumato di un bimbo. Lei reagisce e vorrebbe riprovarci. Lui, invece, sembra aver perso il desiderio. Colpa del dolore. Che, per svanire, ha bisogno di tempo.
“Siamo una giovane coppia (27 anni entrambi) sposati da due anni. A settembre ho perso il nostro primo bambino per un aborto spontaneo al secondo mese. Ci siamo rimasti malissimo, perché l’avevamo molto desiderato, lui più ancora di me. Il ginecologo ci ha detto che può succedere “quando l’embrione non è vitale” e che potevamo ricercare subito un’altra gravidanza. Purtroppo mio marito è rimasto molto segnato da quest’esperienza. I nostri rapporti non sono più gli stessi. La sua dolcezza è infinita, come prima, ma non ha più desiderio. E’ come se non volesse più lasciarsi andare. Dice che non vuole riprovare quelle emozioni, vedermi sul lettino dell’ospedale, triste e con lo sguardo spento solo perché il desiderio di avere un figlio lo ha preso più della ragione. So che lui ha sofferto tanto ma io lo sto superando, e vorrei subito riprovare a cercare un bimbo, e lui no. Perché non ci riesce? Cosa ci consiglia?”.
Valentina F. (Cuneo)
Gentile Valentina, ognuno di noi ha un suo modo di vivere e affrontare una perdita importante, come è anche quella di un figlio desiderato, anche quando è ancora progetto e sogno, come succede se la perdita avviene durante i primi mesi della gravidanza. Ognuno di noi ha un suo modo di amare, ma anche di vivere il dolore, che non è misurabile con i soli comportamenti esteriori. La differenza nel modo di vivere ed esprimere il dolore del lutto – un dolore “psicogeno” per eccellenza – si nutre e si esaspera ancor più con i sensi di colpa, veri o presunti. Ci si tormenta per errori che spesso non sono tali: per esempio, suo marito si rimprovera di aver desiderato “troppo” quel bambino e di averle provocato poi un immenso dolore. Lei ha reagito più positivamente. Lui sta vivendo una forte depressione “reattiva”.

Perché si può essere così diversi di fronte allo stesso dolore?

Ognuno di noi, Valentina, nella coppia, come nella famiglia, ha un suo modo di vivere ed esprimere la sofferenza emotiva. C’è chi apertamente piange e si dispera. Chi si butta sul lavoro. Chi cerca di dimenticare, inventandosi una frenesia di impegni, o buttandosi nei divertimenti sfrenati. Chi vive un blocco del desiderio sessuale. Uno dei fattori che isola di più, nel dolore da lutto, è la sensazione che il modo che ha l’altro di viverlo non sia quello “giusto”. Non sia abbastanza profondo, o sincero, o intenso. O, al contrario, che lo sia troppo, che duri troppo a lungo e in modo disturbante. Questa differenza nel modo di vivere il dolore di fronte ad una perdita comune, come è quella di un figlio desiderato, in caso di aborto, ma anche di un bambino o di un figlio adulto, può creare fratture anche gravi nella coppia. Il suo giovane marito, per il quale il significato di quel bimbo desiderato era evidentemente molto forte e profondo, ha bisogno di un suo tempo per “superare” questa perdita, per rasserenarsi, per ritrovare la fiducia di poter avere un figlio in piena serenità e gioia, in futuro. Ed è giusto e saggio rispettare questo tempo interiore, senza forzare. Non è bene negarlo a noi stessi, questo tempo, per riprendere la vita come se nulla fosse, come una certa cultura contemporanea tende a richiedere. E nemmeno negarlo, se è il nostro compagno, un familiare, o un amico, che ha un tempo interiore diverso o più lungo del nostro. Questa negazione di un passaggio necessario a separarsi emotivamente dalla persona amata (anche un feto lo è se ha un significato immenso per noi) lascia nel cuore un cumulo di macerie che può diventare enorme e travolgerci, magari a distanza di anni, quando altre vulnerabilità e altre ferite ci hanno messo più alla prova.

E' normale che dopo una perdita affettiva scompaia anche il desiderio?

Sì, che suo marito non abbia desiderio, è normale per la fase di vita che sta attraversando. La depressione e il lutto ci portano in un terreno diverso dall’erotismo, in un tempo interiore che è fatto anche di solitudine, di amarezza, di rimpianto. Abbia pazienza e gli dia tempo. Al momento, mi sembra saggio accettare che anche nel dolore che ci tocca profondamente, quando perdiamo una persona amata, o un sogno e un progetto di vita, come è un figlio desiderato, abbiamo tempi e modi diversi, e forse una diversa solitudine.

Quando ci si deve davvero preoccupare?

Quando questa depressione – che al momento è naturale, coerente con il sentimento di perdita che lui sta vivendo, e del tutto legittima – dovesse superare i sei mesi o l’anno, allora può essere indicato un aiuto psicoterapeutico e/o farmacologico. Nel frattempo, non chiudetevi ciascuno nella propria tristezza. E’ prezioso condividere i sentimenti, anche negativi, senza chiudersi in casa. Passeggiare insieme in un ambiente naturale, in campagna o in riva al mare, che è bello anche d’inverno, nelle giornate di sole, magari nel week-end, condividendo bellezza, silenzi e poesia, può essere un modo antico e semplice di aiutarvi a risintonizzare anche il desiderio, che è sempre una preziosa sentinella di vita. Solo così sarà possibile concepire un altro bambino nella gioia ritrovata, come è giusto che sia.

Approfondimento – Perché la depressione spegne il desiderio?

La depressione deprime il desiderio con due modalità, psichica e neurobiologica, che interagiscono strettamente tra loro.
Dal punto di vista psicologico, la depressione, come dice la parola stessa, frena tutti i comportamenti legati alla vita: l’iniziativa, la voglia di fare, l’assertività, la progettualità, la voglia di vivere e il desiderio sessuale, che è il suo fiore all’occhiello.
Dal punto di vista neurobiologico, la depressione si associa a:
- più bassi livelli nel sangue di testosterone libero, l’ormone che accende il desiderio e aiuta l’erezione;
- aumento degli ormoni dello stress, cortisolo e prolattina (specie quando compare in risposta a un lutto significativo), che sono nemici della sessualità, sia nelle donne, sia negli uomini;
- riduzione nel cervello della dopamina, il neurotrasmettitore che media tutti i comportamenti “appetitivi”, ossia legati al desiderio di cibo, affetto, sesso, affermazione, conquista, potere;
- riduzione della serotonina, il neurotrasmettitore che regola l’umore.
Ecco perché l’aiuto professionale migliore, quando indicato, dovrebbe integrare i farmaci antidepressivi con la psicoterapia.

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