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Salviamo le api e (forse) ci salveremo

Salviamo le api e (forse) ci salveremo
01/06/2020

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Se le api muoiono siamo tutti spacciati»: questa la ragione che ha indotto le Nazioni Unite a istituire nel 2017 la Giornata Mondiale delle Api, il 20 maggio di ogni anno. Perché saremmo spacciati? Il 90% delle piante selvatiche da fiore e il 75% delle colture – cereali, frutta e verdura – ha bisogno di api e altri insetti impollinatori (oltre 16.000) per vivere. Le variopinte e leggiadre farfalle, le tenere coccinelle, le pungenti vespe, ma anche i ragni, e perfino rettili e uccelli svolgono questa funzione di impollinatori.
Le api sono un insetto speciale: operose e organizzate, vivono proprio di impollinazione, regalando bellezza verde e bontà. Il miele è il regalo delizioso di una funzione più importante: la sopravvivenza della vita verde, della biodiversità, della nostra stessa esistenza sulla Terra. Sono un termometro affidabile, e per questo accuratamente monitorato, del degrado ambientale che le sta uccidendo.
Purtroppo una specie su dieci di api e farfalle europee è a serio rischio di estinzione. Una ricerca internazionale coordinata dall’Università di Berna indica che dal 5% al 40% delle api muore durante l’inverno, con un’onda lunga che continua in primavera ed estate. I killer delle amiche api, e dei loro cugini impollinatori, hanno molti volti: la degradazione, la distruzione e la frammentazione degli habitat sono il primo, grande nemico. L’inquinamento da agenti fisici e chimici, pesticidi in primis, è l’equivalente ambientale del Covid-19. Invisibile e ad alta diffusione, è il killer perfetto: ritroviamo i cadaveri delle apine morte, ma non lo vediamo se non misurandolo con appositi strumenti. Il cambiamento climatico dà un’altra mazzata. E l’invasione da specie aliene fa il resto. Questo fino al febbraio-marzo 2020.
Ora c’è un altro nemico, potente negli effetti e tragico negli esiti. Migliaia di cisterne ricolme di veleni d’ogni tipo sparano il loro contenuto per strade e piazze, città e villaggi, soprattutto in Paesi poveri, in Asia, in Africa, in Sud-America, nell’indifferenza internazionale. Dove le misure di isolamento e distanziamento non riescono ad arrivare per povertà, arriva la disinfezione politica del territorio. Esiti tragici, e non solo quando questi liquidi pericolosi vengono sparati con indifferenza anche su persone sedute lungo le strade, come ho visto in reportage alla CNN, con serie intossicazioni respiratorie e lesioni gravi agli occhi e alla pelle.
Pensiamo davvero di poter sterilizzare l’universo? Sulla Terra ci sono miliardi di microrganismi – virus, batteri, funghi, fagi vari – con cui nella nostra presunzione conviviamo in pax armata. Con queste modalità insipienti di disinfestazione avremo due risultati: primo, selezione di specie resistenti e pericolosissime, per gli insetti e per le piante, oltre che per l’uomo. Secondo, un ulteriore e rapido inquinamento della terra, dei fiumi, dei mari. I prossimi mesi e anni ci presenteranno un altro conto costoso, in salute e vita.
In ogni Paese, incompetenza, impulsività, ansia politica “di fare il massimo”, per conservare il consenso, navigazione a vista sul presente con totale indifferenza verso le conseguenze future delle scelte attuali, potenziano a dismisura le già drammatiche conseguenza del Covid-19. La fame non verrà solo dalla crisi economica, ma da un mondo avvelenato.
Ciascuno di noi si impegni anzitutto a inquinare meno. Gli antidoti veri? Sono sostanziali: competenza, equilibrio, visione documentata e prospettica, in politica come nelle vite individuali. Torniamo a studiare, ad approfondire, a pensare alle conseguenze della nostre azioni e delle nostre scelte. Servono competenza, ma anche umiltà e visione della realtà, che non può essere un’invenzione estemporanea: «Io penso che…». Ci sono un contenuto, una conoscenza documentata e meditata, una riflessione seria dietro a quel pensiero?
Un’altra epidemia pericolosa ci sta minacciando: il virus si chiama hýbris. Lo hanno descritto per primi i Greci, con il significato di insolenza e tracotanza, contro il volere degli dei e le regole della natura. Oggi i social ne hanno consentito una diffusione impensabile agli Antichi. E’ hýbris la sovrastima – sine materia – della propria competenza e delle proprie capacità. E’ una coscienza di sé orgogliosa e distruttiva, perché incurante degli altri. E’ hýbris che ha infettato l’incompetente che presume di saper guidare un Paese perché «io penso che».
Le amiche api sono il volto silenzioso e dolente dell’arroganza umana che sta uccidendo il mondo, prima e più del Covid. Salvandole, forse ci salveremo.

Ambiente, natura e animali Clima, inquinamento ed ecologia Covid e long Covid

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