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Quando gli occhi sorridono, è il cuore che parla

Quando gli occhi sorridono, è il cuore che parla
31/05/2021

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Che cosa c’è in un sorriso? Questa espressione del volto, quasi esclusiva degli umani, è un potente facilitatore sociale. Svolge ruoli molteplici nello stabilire relazioni gratificanti e significative. Contribuisce alla percezione di quanto sia attraente un volto, insieme alla forma complessiva, alla simmetria, all’età. Il sorriso, unito a un’espressione di attenzione interattiva e di umore positivo, è considerato un segno principe di intelligenza. Può essere usato per ottenere vantaggi nelle relazioni, come facilitatore scelto, e non solo spontaneo.
Interessante: il primo uso “strategico” del sorriso inizia circa a quattro mesi di vita, quando il bambino sorride alla mamma, in primis per ricevere un sorriso. Segno che la mamma è “sintonizzata”, che è attenta e innamorata del suo piccolino o piccolina. Non sorridono solo due volti, sorridono i cervelli. Grazie ai neuroni specchio, il bambino apprende dalla mamma l’arte di sorridere. Se poi la mamma è serena, anche i suoi feromoni esprimeranno e trasmetteranno olfattivamente al bambino sentimenti di calma e benessere. E se la voce di lei è gentile, musicale, carezzevole, avvolgerà il bambino con un “bagno di dolci parole”, come diceva lo psicoanalista francese Didier Anzieu. Il sorriso diventa allora l’ouverture di una percezione sensoriale complessa, capace di calmare, di porre il bimbo in uno stato beato (dopo la pappa), in cui tutto il suo corpo è sotto il comandante dei tempi di pace, il nervo vago, il nostro nervo più importante. Studi longitudinali rivelano che il bambino addirittura ha una sua valutazione del tempo di un sorriso. Potremmo dire, osservando il rapporto mamma-bambino, che i due sorrisi che interagiscono e si rilanciano l’un l’altro sono la prima danza d’amore della vita. Sono anche il primo alfabeto non verbale della comunicazione felice. Sono espressione del primo corteggiamento che il piccolino/a fa ad un altro essere vivente – la madre o un suo sostituto stabile – per ricevere a sua volta attenzione, nutrimento e amore. La possibilità di essere felici nella vita ha un primo grande allenamento nella quantità di sorrisi ricambiati che abbiamo dato e ricevuto. E’ in quel gioco di emozioni positive veicolate dal sorriso che il bambino acquisisce il primo alfabeto dell’intelligenza emotiva, questa preziosa capacità di specchiarsi nelle emozioni dell’altro e di “sentirle” con il cuore e con il cervello, viscerale e centrale. Avere genitori, fratellini, zii o nonni capaci di sorridere dà al bambino un primo formidabile “imprinting” di amore per la vita.
Il sorriso svela molto di noi, del rapporto con noi stessi, anzitutto, e poi con gli altri. Il sorriso crea anche una percezione sociale di felicità, di giovinezza – anche interiore! – e di gentilezza. Il questo senso, l’educazione ha un ruolo essenziale nell’allenare al sorriso e alla consapevolezza di quanto il sorriso ci consenta di dare, con un gesto semplice e ineffabile, senza parole. Svela molto della nostra storia, insieme alla mimica del volto e alla postura. Il volto e il corpo ricordano tutto, il bene e il male che si è intrecciato con la nostra vita fino a farne parte indissolubilmente. Al lato opposto, l’insoddisfazione estetica per il proprio sorriso, per la forma dei denti, delle labbra, delle gengive, o per esito di traumi, è un fattore potente di depressione, di disistima e di isolamento sociale. Negli USA, è il sesto fattore di richiesta di interventi chirurgici estetici. Il sorriso svetta come facilitatore in famiglia, sul lavoro, tra amici. Può dirci come stanno i nostri figli, il/la partner, i genitori. Su come si sentono i nostri collaboratori, o i nostri capi. Su come vada il barometro della nostra relazione, affettiva o professionale che sia. Ha una potenza terapeutica formidabile, quando nasce spontaneo tra medico e paziente. Può essere un modo originale di riflettere su di noi, con una finezza in più: dedicando una maggiore attenzione non solo a quanto sorridiamo con la bocca e col prezioso muscolo mimico – il muscolo risorio – che non tutti hanno, ma anche con gli occhi. Questa forma di sorriso, più pacata, più discreta, più sommessa, vibra con l’equilibrio interiore, con l’energia luminosa del cuore. Può convogliare un’intensità di emozioni positive superiore al sorriso con la bocca. Contiene un diverso senso del tempo, una maggiore capacità riflessiva. Rivela una maggiore capacità di assaporare l’interazione che si crea con l’altro/a quando ci si sorride con gli occhi. Quanto ne siamo consapevoli? In un giorno, quanto e quando sorridono i tuoi occhi?

Comunicazione Gentilezza Neuroni specchio Rapporto mamma-bambino Riflessioni di vita Sorriso e riso

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