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Pubertà, sport e protezione intima

22/02/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Mia figlia, 12 anni, si è appena sviluppata. Tutto bene: il problema, che sta diventando un problemone, è che fa nuoto agonistico. Chiaramente, vorrebbe allenarsi  e poter fare le gare anche quando ha le mestruazioni. Fortunatamente non ha particolari disturbi, né dolori. Purtroppo però non riesce ad usare la protezione interna: il tampone le fa male e non riesce a inserirlo. L’ho accompagnata da una ginecologa che però ha detto che “è troppo stretta” e che non se la sente di insistere, data la giovanissima età di mia figlia. “Pazienza, non è un problema importante. Vorrà dire che userai la protezione esterna come fanno tantissime altre ragazze come te…”. Il risultato di queste parole è stato nefasto. Adesso mia figlia ha un doppio problema: pensa di avere qualche malformazione (cosa vuol dire “troppo stretta?”) e sta mettendo in discussione anche l’idea di continuare a fare sport. Sono molto dispiaciuta  e preoccupata, anche per un dubbio che mi è venuto: non è che questa difficoltà è una spia di possibili problemi sessuali futuri? Non vorrei traumatizzare ulteriormente mia figlia con visite inutili e qualche altra frase infelice. Nello stesso tempo non vorrei trascurare indizi importanti. Non so come aiutarla. Ha qualche suggerimento su cosa potrei fare che le potrebbe essere utile?
M.R.
Gentile signora, sì, la sua intuizione è giusta. Le mamme,  a volte, vedono più in là dei medici… La difficoltà ad usare i tamponi interni, a torto liquidata come irrilevante, con un’espressione oltrettutto inappropriata,  può infatti essere la spia di future difficoltà anche nella vita sessuale. E visto che per sua figlia il nuoto agonistico è una passione, penso si debba  metterla in condizione di continuare ad allenarsi e a gareggiare.
Sono due i fattori anatomici  che possono rendere difficile l’inserimento del tampone interno e che sono stati riassunti (senza spiegarli) in quell’espressione infelice “è troppo stretta”. Il primo, e il più frequente, è la cosiddetta “iperattività del muscolo elevatore”. In termini semplici, il muscolo chiamato “elevatore dell’ano” chiude in basso il bacino. Esso circonda la vagina, ma anche l’uretra (il canalino da cui esce l’urina) e l’ano. Ha normalmente un suo “tono”, ossia una sua attività basale caratterizzata da piccole contrazioni involontarie: questo gli consente di svolgere in modo ottimale la sua funzione di supporto di tutti i visceri che si trovano nel piccolo bacino e, in parte, nell’addome. In condizioni normali, questa attività scompare quando la donna “spinge”, per andare di corpo o urinare. Quando c’è una eccessiva attività di questo muscolo, la frequenza e l’intensità delle contrazioni basali involontarie è più marcata. Questo fa sì che il muscolo sia più contratto, si accorci e riduca quindi (reversibilmente!), il diametro dei tre organi che circonda: la vagina, causando dolore ai rapporti; l’ano, causando stitichezza, e l’uretra, alterazione che può associarsi a  iperattività della parete vescicale, con urgenza minzionale, e cistiti che compaiono dopo il rapporto sessuale. E’ questa contrazione che, in particolare, può dare la sensazione di una minore apertura dell’entrata vaginale: ecco perché la difficoltà ad usare i tamponi può indicare un maggior rischio di avere poi difficoltà alla penetrazione. Questo contrazione causa un disturbo chiamato “vaginismo” e un sintomo, il dolore ai rapporti, che in termine medico viene definito come “dispareunia”. L’iperattività del muscolo elevatore, restringendo l’entrata vaginale, favorisce le microabrasioni in caso di rapporto sessuale. E questo può predisporre alla temibile vestibolite vulvare, un’infiammazione cronica dell’entrata vaginale.  
Il punto critico è uno solo: innanzitutto, bisogna diagnosticare perché il muscolo sia più contratto che di norma. Le cause possono essere psichiche, legate ad una paura spesso inconscia della penetrazione, o biologiche, per una neurodistonia che interessa primariamente questo muscolo. In positivo, corrette le cause, basta insegnare a rilassare volontariamente il muscolo ed il problema viene risolto!
Per completezza, ricordo che il secondo fattore che riduce l’entrata vaginale, e che è meno frequente, consiste in un imene più spesso e fibroso. Per la diagnosi è necessario comunque insegnare a distendere il muscolo elevatore dell’ano.
In pratica, bisogna rivolgersi a ginecologi con competenza sia sessuologica, sia sulle patologie legate ai muscoli del pavimento pelvico. Con professionisti adeguati, un piccolo segnale di attenzione, come l’impossibilità ad usare i tamponi vaginali, può essere compreso e corretto: ridando ad ogni adolescente la possibilità di vivere senza limitazioni periodiche, sentendosi, a ragione, del tutto normale. E, a sua figlia, la possibilità di allenarsi e gareggiare con gioia, come le sue compagne di squadra.

Adolescenti e giovani Assorbente interno Dolore acuto / Dolore cronico

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