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Partorire. Come a casa, ma sempre in ospedale

Partorire. Come a casa, ma sempre in ospedale
03/03/2020

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Cara Professoressa, cosa ne pensa del parto a casa? Ho sentito storie tremende sui parti in ospedale, su tanta indifferenza dal punto di vista umano, sulla sensazione di essere in un bambinificio, mentre ogni figlio è unico per quella mamma e quel papà! Ora sono al terzo mese e sto pensando di partorire a casa, come una volta. Lei che cosa mi consiglia?”.
Claudia S. (Seregno)
Gentile Claudia, complimenti anzitutto per il bimbo in arrivo! Vado subito al punto: certamente “come a casa”, ma non a casa. Molte donne lamentano che in tanti reparti c’è poca cura per il rapporto umano, poca attenzione alle fondamentali componenti emotive e affettive di un evento straordinario, com’è la nascita di un bimbo, poco rispetto, perfino. E molte altre riferiscono poi la sensazione di essere state trattate come oggetti che partoriscono e non come donne, emozionate, ansiose, spaventate o preoccupate, che stanno per dare alla luce un bimbo.
Tuttavia il parto a casa presenta rischi che oggi è doveroso evitare. Anche la gravidanza più normale può improvvisamente complicarsi in modo del tutto inatteso. E il parto sognato con tanta poesia può trasformarsi in un incubo dagli esiti permanenti, per la mamma e per il bambino. Ci si può trovare con tre giri di cordone attorno al collo, con una sofferenza fetale acuta, un distacco di placenta, una crisi ipertensiva grave, un’emorragia profusa. Ho lavorato molto in sala parto, fin da studentessa: la mia tesi di laurea è stata sul “controllo del dolore in travaglio di parto”. Ho passato due-tre notti la settimana, per due anni, a seguire le donne durante il travaglio e poi nel parto, assistito da ostetriche bravissime, che mi hanno insegnato moltissimo (allora ero in Clinica Ostetrica a Padova). Ho vissuto personalmente la delicatezza e l’importanza di stabilire un rapporto umano (anche con me che ero una studentessa giovane giovane), e di avere un’ostetrica competente quando tutto procede bene. Ma ho anche visto l’importanza del fattore tempo: quando in pochi minuti si deve fare un taglio cesareo d’urgenza salvando mamma e bambino, evitando la temibilissima sofferenza fetale acuta che può lasciare danni permanenti, e complicanze serie anche per la mamma.

Partorire “come a casa”

In positivo, molti ginecologici, uomini e soprattutto donne, e molte ostetriche, sentono l’esigenza di ridare al parto la sua dimensione squisitamente umana, mantenendo però un alto indice di sicurezza per mamme e bambini. Come? Ecco la buona notizia. E’ oggi possibile partorire in ospedale, ma come a casa, con una stanza singola personalizzata, con un’ostetrica dedicata, con la possibilità di tenere il bimbo in camera con sé dopo il parto. Se la gravidanza è a basso rischio (Box 1), è l’ostetrica a seguire in prima persona tutto il travaglio e tutto il parto.
Un esempio concreto: la “Sala parto della fisiologia”, che alla Clinica Ostetrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (FMMB) permette alle donne in gravidanza di partorire in un ambiente familiare, quasi domestico. Il progetto è realizzato e diretto dalla Professoressa Patrizia Vergani, una ginecologa che ha a cuore un’ostetricia di altissima qualità umana, oltre che professionale. Ecco le sue parole: «La presa in carico da parte delle ostetriche, promossa nella nostra clinica, riduce l’eccessiva medicalizzazione della nascita con una diminuzione degli interventi non appropriati, garantendo migliori esiti di salute della mamma e del neonato. Occorre differenziare il percorso assistenziale da riservare alle gravidanze normali o “a basso rischio ostetrico” da quelle con condizioni di rischio-patologia alle quali viene offerta una cura addizionale da parte di medici specialisti in ginecologia e ostetricia, oltre all’assistenza ostetrica garantita a tutte le donne». Quindi, come a casa, sì, ma in piena sicurezza. Ancora meglio se si arriva con un pavimento pelvico elastico e ben “preparato” (Box 2), perché il bambino trovi uno scivolo più facile per nascere sano e la mamma si senta “bene come prima”, già pochi giorni dopo il parto. Perché non va a partorire lì? Auguri di cuore! E ci faccia sapere!

Box 1. La gravidanza “a basso rischio”

Nessuna gravidanza è senza rischi: per questo si parla di gravidanze “a basso rischio”, con decorso naturale, fisiologico, con un parto che può essere seguito perfettamente dalla sola ostetrica, e di gravidanze a “medio/alto rischio”, che necessitano anche dell’assistenza ostetrico-ginecologica specialistica.
Al momento dell’entrata in ospedale per il parto, una gravidanza è considerata “a basso rischio” quando:
- il travaglio è insorto spontaneamente;
- l’epoca gestazionale è compresa tra le 37 e le 42 settimane;
- il feto è singolo e in presentazione cefalica, ossia di testa, la più naturale;
- non ci sono patologie materne e fetali in corso.

Box 2. Un’ostetrica per amica

Per partorire bene in modo naturale, ossia per via vaginale, è fondamentale preparare bene anche i muscoli che circondano la vagina e chiudono in basso il bacino, chiamati muscoli del pavimento pelvico. Questo è essenziale per il primo figlio, perché nasca bene, e perché prepari la strada migliore a eventuali fratellini futuri.
Per aumentare l’elasticità e la distensibilità di questi muscoli, che è massima nelle giovani donne ma si riduce già dopo i trent’anni, sono utili:
- il respiro diaframmatico lento e profondo;
- lo stretching e il massaggio di preparazione fatto da un’ostetrica esperta già durante la gravidanza;
- lo yoga per la gravidanza;
- una regolare attività fisica in gravidanza: camminare o nuotare sono attività perfette.
Tutte queste attenzioni aumentano il benessere di mamma e bambino sia in gravidanza, sia durante il parto “come a casa”.

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