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Panico: il terremoto nel cervello e nel corpo

09/06/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Che differenza c’è fra un pulcino che torna di corsa affannato da mamma chioccia e mille persone in fuga tumultuosa, che si schiacciano correndo, in preda a un’angoscia non governabile? Il pulcino ha avuto un attacco di panico, così come le mille persone, ma con esiti opposti. Il pulcino prova un terremoto di adrenalina, scatenato da un’impennata di ansia e paura, fino, appunto, al panico, quando giunge alla distanza critica dalla mamma. Se non lo avesse, e si allontanasse di più, in un secondo sarebbe agguantato dai predatori. La selezione naturale ha dunque privilegiato nel piccolo pennuto la reazione più utile a sopravvivere. Questa reazione primordiale, che crea un cortocircuito nel cervello e nel corpo, è strettamente legata al bisogno di sopravvivenza individuale. Scatta quando qualcosa o qualcuno minaccia la nostra vita, la nostra salute, la nostra integrità, reale o simbolica.
Che cosa succede esattamente nel nostro cervello? Perché un attacco di panico individuale, finalizzato a salvare l’individuo, può costituire invece un pericolo quasi fatale se provato contemporaneamente da dieci, cento o, peggio, mille persone? E perché le donne sono più vulnerabili all’ansia e al panico? Nel nostro cervello esiste un’area importantissima, chiamata “amigdala”. Ha due funzioni principali. Innanzitutto, è il crocevia delle quattro emozioni di comando fondamentali per la vita:
- l’emozione appetitiva, che ci porta a desiderare, a conquistare, ad andare verso un posto al sole, un amore, anche per avere un figlio, una casa, una carriera;
- l’emozione di collera-rabbia, che ci porta ad andare contro, ad aggredire per ferire e distruggere;
- l’emozione di ansia e paura, che ci porta a fuggire da ciò che ci spaventa, o ci congela nel terrore;
- l’emozione di panico con angoscia di separazione, un’emozione primaria, tipica dei piccoli, che contiene e attiva l’angoscia di morte, se vengono allontanati dalla mamma.
Le prime due sono dominate dal testosterone, e infatti sono emozioni più forti nei maschi, che hanno anche più patologie legate a un’esasperazione di queste emozioni. Ansia e panico sono invece dominate dagli estrogeni, perché sono più legate alla protezione dei piccoli. E infatti anche i disturbi d’ansia e di panico sono da due a tre volte più frequenti nelle donne.
La seconda funzione dell’amigdala è la memoria emotiva: in particolare confronta un evento attuale con quelli già vissuti in precedenza, condizionando il comportamento. Nel panico l’amigdala ricorda l’angoscia abbandonica e di morte del pulcino primordiale che è in noi.
Quando queste emozioni primarie sono molto forti hanno due caratteristiche comuni: tutte e quattro si esprimono con un movimento (verso, contro, o di fuga) ma, soprattutto, condizionano in modo immediato il comportamento, bypassando la corteccia cerebrale, e quindi anche la capacità di analisi della situazione e la scelta del comportamento migliore: «Ho agito d’impulso», è un’espressione che rende bene il dominio dell’emozione sulla ragione.
L’educazione a vivere nella società ci porta a imparare a governare, modulare, indirizzare le emozioni, riducendo il margine d’azione del cervello emozionale, il più arcaico. Ma quando l’emozione è fortissima, la ragione si smarrisce: nel panico si accende la fame d’aria e l’angoscia di morte primordiale ci domina. Non importa se è scatenata da un botto allo stadio, o da una notizia allarmistica quando si sta in piazza a guardare una partita tanto attesa della squadra del cuore: l’unico istinto è di correre via, senza nemmeno scegliere la via di fuga. Si corre e basta.
L’adrenalina crea vasocostrizione, il cuore impazzisce, il respiro diventa veloce, i muscoli sono spinti a mille nella corsa, con un unico ordine nel cervello: fuggire e salvare se stessi. Nella corsa si perdono i figli, le mogli o i mariti, le madri, le sorelle, gli amici: si corre solo per la sopravvivenza individuale. Purtroppo, se ci si trova in uno spazio chiuso o con uscite limitate, il rischio è che nella folle corsa molti vengano feriti o uccisi perché schiacciati contro portoni, transenne, o sotto i piedi, come è successo a Torino.
In tempi inquieti e incerti, con rischio reale di bombe come di falsi allarmi, c’è un’indicazione pratica importante, che tutti gli organizzatori di eventi ad alto numero di presenze dovrebbero considerare: allestire i maxischermi in grandi spazi aperti, senza muri di recinzione né cancelli, dove sia possibile fuggire a 360 gradi, o almeno con il minor numero di barriere possibili. Altrimenti, si può davvero morire di paura, travolti dal panico, proprio e altrui.

Amigdala Ansia Attacco di panico Cervello / Sistema nervoso centrale Emozioni e fattori emotivi Paura

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