EN

Olimpiadi, il segreto della longevità

18/08/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Olimpiadi: solo per giovani nel fiore degli anni? Non solo. La storia olimpica, ma anche alcuni vincitori a medaglia a Pechino, mostrano che l’età non è necessariamente un fattore limitante. Per lo meno, non lo è in tutte le discipline. Che cosa consente allora a un atleta di superare ripetutamente le rigorose selezioni nazionali per poter partecipare a un’olimpiade?
Il tipo di sport, innanzitutto: i più longevi in assoluto sono gli atleti che competono nella vela. Non a caso il record di partecipazioni spetta a un velista austriaco, Hubert Raudaschl, con ben 9 olimpiadi all’attivo. Si dirà: basta una buona barca a vela. Provate a dirlo ai velisti: ci vuole comunque un gran fisico, un costante allenamento e, forse soprattutto, una testa capace di mantenere la motivazione in decenni di disciplina e di competizioni, senza usura, senza ruggine, senza logoramenti. Secondi, gli sport equestri: lì basta un ottimo cavallo, dirà ancora qualcuno. Già, ma sopra quel cavallo, soprattutto nelle competizioni ad ostacoli, bisogna starci. E starci non solo benissimo, ma per vincere. Il che non è affatto ovvio. Occorrono equilibrio, immensa sensibilità, il binomio giusto (a volte con il cavallo della vita), leggerezza e fermezza insieme nella mano, allenamento quotidiano per decenni, e grande esperienza. I nostri gloriosi fratelli D’Inzeo hanno entrambi partecipato a ben otto olimpiadi, dimostrando che si può continuare a vincere moltissimo. Si dirà: altri tempi. C’erano in assoluto meno atleti e il rincalzo delle giovani generazioni era meno veloce e meno competitivo. Non proprio. A Pechino, le foto scintillanti di felicità della squadra britannica che ha vinto il bronzo nel salto ostacoli mostra un gruppo (tre donne e due uomini) certamente maturi, tra cui la gloriosa Mary King, 47 anni (che ha nel curriculum una medaglia d’oro europea, sempre in questa disciplina, quando era gravida al 5° mese... una tosta, ben sicura di sé, non c’è che dire). E una riserva, Tina Cook, 38 anni, che è stata determinante per il risultato, sia della squadra, sia per il bronzo nel concorso individuale, con due perentori percorsi netti nonostante un cavallo giovane, Miners Frolich. Capace di superare le più rosee aspettative dell’allenatore, dopo che le titolari più giovani non avevano potuto partecipare per lesioni traumatiche dei loro cavalli. Una squadra matura che ha lasciato al quarto posto noi italiani, con squadra di atleti ben più giovane ed aitante. Un’eccezione? No. Altri grandissimi cavalieri, non solo inglesi, sono qui, ben oltre i 50 anni. A fronte della pericolosità dello sport, così temuta nell’equitazione, ecco una possibilità di passione longeva, foriera non solo di grande piacere in sé, ma anche di longevità agonistica davvero fino a tarda età. Lo conferma il dressage: che qui a Pechino presenta Hiroshi Hoketsu, 67 anni, per il Giappone e, nel 1972, Lorna Johnstone, sempre britannica che partecipò alla gloriosissima età di 70 anni. Chapeau! E al terzo posto? La scherma, dove abbiamo alcuni eroi nazionali: dal mitico Edoardo Mangiarotti, che dal 1936 al 1960 portò a casa nostra 6 ori, 5 argenti e 2 bronzi, a Guido Balzarini, che vinse l’oro ad Anversa, a 49 anni e 267 giorni. Quindi non solo atleti “anziani” che partecipano, ma che vincono, o vanno a medaglia, alla grande, contro rivali che hanno la metà dei loro anni. Promette bene la nostra Valentina Vezzali, ancora giovane (34 anni), ma con tre ori individuali nel fioretto, in tre olimpiadi successive (anche questo un record di longevità nella tenuta mentale, oltre che fisica, nei momenti che contano). Grazie a una grinta prodigiosa che promette di portarla avanti per altri decenni. E nella scherma conta solo l’atleta: elasticità, flessibilità, senso tattico e strategico, nervi strepitosi, disciplina durissima negli allenamenti quotidiani, poche distrazioni (che hanno rovinato altri nostri atleti), capacità di concentrazione superba al servizio dell’esperienza. Importante ma che, da sola, non porta all’oro. L’arma, il fioretto, fa la coreografia, o lo spartito. L’atleta è tutto.
Al quarto posto dei longevi, un’altra disciplina su cui non scommetteremmo: il tiro! Nella storia olimpica, addirittura un argento a Oscar Swahn, tiratore svedese di 72 anni. Che cosa ci vuole per tirare? Chiedetelo a Chiara Cainero, meritevole di uno straordinario oro olimpico, giusto per un parere supertecnico. Vista perfetta, fermezza di mano, prontezza di riflessi, gran temperamento, nervi saldissimi, ore e ore di allenamento quotidiano: mantenere per decenni tutto questo, richiede veramente una mens sana in corpore sano, e una disciplina rigorosissima, per valorizzarli.
Per ragioni diverse, si tratta di sport dove la testa, il “mind-set”, l’atteggiamento mentale, conta moltissimo nel governare tutto il resto. Tuttavia, luminose eccezioni in altri sport, quali il nuoto, dove la potenza fisica della giovinezza è sicuramente cardinale, ci dicono che comunque la testa è fondamentale: lo conferma Dara Torres, 41 anni, una biondina statunitense, di cui mi sono gustata una bella intervista, dopo tre argenti nel nuoto, uno individuale (50 metri stile libero) e due nelle staffette, a Pechino, 24 anni dopo l’oro olimpico a Los Angeles. Ingredienti di un risultato così notevole, visto il livello elevatissimo di nuotatori e nuotatrici, e la pioggia di record raggiunti in queste olimpiadi: fisico biologicamente in armonia, disciplina quotidiana, atteggiamento mentale pacato e vincente, concentrazione ed esperienza.
E allora? La longevità sportiva, seppur eccezionale, ci insegna qualcosa di essenziale per una vita in gran forma, fisica e mentale. Avere una passione grande, e riuscire a non bruciarla negli anni ardenti e impulsivi della giovinezza. Rispettare e coltivare il corpo, con saggezza e disciplina, con un elogio alla sobrietà della vita, amica di ogni eccellenza e durata. Qualità che più mancano a molti nostri adolescenti. Educare il mind-set: quell’insieme di caratteristiche mentali – concentrazione, disciplina, calma interiore, flessibilità, resistenza alla frustrazione, sobrietà, coraggio, passione e visione strategica – che fanno il vincente a lungo, nello sport come nella vita. Certo, si può vivere felici anche senza vincere. Non c’è dubbio. E tuttavia, quando la mente è serena, capace di concentrarsi sugli obiettivi che ognuno si pone, di esprimere al meglio passioni e talenti, fisici e psichici, con rigore e disciplina, con gioia ed entusiasmo, c’è una medaglia d’oro per ognuno di noi, più ambita a tarda età. Una medaglia invisibile, eppure essenziale: quella sensazione fantastica di sentirsi vivi, e ardenti di gusto di vivere, vincenti contro le tante difficoltà dell’esistenza, che ci regala ancora momenti indimenticabili, nel corpo, nella mente e nel cuore.

Riflessioni di vita Sport e movimento fisico

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter