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Mamme a 50 anni: i rischi nell’ombra

Mamme a 50 anni: i rischi nell’ombra
02/06/2020

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Le donne italiane hanno figli sempre più tardi. Che rischi comporta questo per la donna e per il bambino? E poi, scusi, le donne non concepiscono da sole: nell’avere figli un uomo anziano non ha più rischi di un uomo più giovane?”.
Curiosa, Bergamo
Sì, l’Italia è un Paese di cicogne e cicogni tardivi. L’età media al primo figlio è di 32 anni e 8 mesi, dato che ci pone in testa alla classifica europea, insieme all’Irlanda. Siamo poi il primo Paese al mondo per prime gravidanze dopo i quarant’anni: ben l’8%, con un ulteriore trend di crescita negli ultimi anni. Donne cinquantenni famose in copertina con bimbi splendidi, sani e sorridenti, in sinergia con le promesse della procreazione medicalmente assistita (PMA), concorrono all’illusione che si può fare figli quando si vuole e che non è mai troppo tardi. Come se l’orologio biologico, in realtà così spietato nei confronti dell’invecchiamento ovarico, potesse essere fermato a piacimento.
In verità, la stagione dell’oro dal punto di vista procreativo biologico è intorno ai vent’anni, quando gli ovociti, le cellule germinali femminili, sono giovani e super fertili. In più il corpo della maggior parte delle donne giovani è sanissimo, elastico e senza patologie rilevanti, per cui le gravidanze decorrono in modo splendido, i parti si svolgono in modo più naturale e l’allattamento è immediato. Certo, la questione dell’età ideale è diversa dal punto di vista affettivo, relazionale, economico e sociale. Essere genitori è molto di più del procreare biologico. Donne e uomini maturano molto più lentamente sul fronte dell’autonomia emotiva, ma anche professionale ed economica. Ed è ancora più difficile e tardivo trovare un partner che si senta “pronto” per avere un figlio. La frattura tra età biologica ideale ed età psicoemotiva e sociale può superare i vent’anni: ed eccoci ai concepimenti delle cicogne e cicogni tardivi, come li chiamo io.

I rischi delle cicogne tardive

L’unità di misura per valutare la fertilità è il “fertility rate”, o tasso di fertilità, che indica il numero di nati vivi ogni 1000 donne. Il picco della fertilità femminile si verifica intorno ai vent’anni. Il calo fisiologico del tasso di fertilità è piuttosto brusco dopo i 35 anni: si riduce di circa il 20% fra i 25-29 e i 30-34 anni, e addirittura del 40% fra i 30-34 e i 35-39 anni. Circa l’1% delle donne va incontro a insufficienza ovarica precoce, prima dei 40 anni.
La riduzione della fertilità nella donna oltre i 35 anni dipende da fattori legati all’ovocita e da altri da “ovocita indipendenti” (come la fibromatosi uterina o problemi di salute generale, quali diabete, ipertensione, malattie autoimmuni). L’ovaio è il fattore più critico: con il crescere dell’età della donna si verifica infatti una riduzione dei follicoli primordiali, una diminuzione del potenziale di sviluppo dell’ovocita e una conseguente maggiore proporzione di ovociti di scarsa qualità: anche loro hanno le rughe, ossia chiari segni del tempo che passa! Questo si traduce in maggiori difficoltà di ovulazione adeguata e di concepimento, anzitutto. In caso di concepimento, questo aumenta anche il rischio di anomalie cromosomiche e di aborti spontanei. In parallelo, problematiche uterine (adenomiosi, fibrosi e fibromatosi), metaboliche, fra cui il diabete, e cardiovascolari, come l’ipertensione, aumentano il rischio di gravidanze problematiche, con aumento di parti prematuri, di insufficienza placentare e di basso peso alla nascita del bimbo rispetto all’età gestazionale. Aumentano anche i parti operativi, taglio cesareo in testa. Oltre all’età, i nemici dell’ovaio includono una vulnerabilità genetica: se mamma o nonna sono andate in menopausa presto, il rischio aumenta molto in figlie e nipoti. Fumo, malattie autoimmuni, obesità, terapie oncologiche, endometriosi, sono altri potenti nemici della fertilità femminile, ovarica in particolare, con un’accelerazione dell’invecchiamento degli ovociti, una più rapida riduzione della riserva ovarica, una drastica riduzione della fertilità residua e una maggiore vulnerabilità alla menopausa precoce.

I rischi dei cicogni tardivi

L’età è nemica anche della fertilità maschile, ma in modo più blando e più tardivo. La donna ha infatti l’esaurimento totale della fertilità personale ovarica con la menopausa, anche se può concepire con ovodonazione: ma questa è un’altra storia. L’uomo è potenzialmente fertile anche a novant’anni. L’età agisce innanzitutto sulla produzione di testosterone, oggi facilmente sostituibile e prescrivibile. Pian piano si deteriora la qualità dello sperma, con riduzione della motilità degli spermatozoi, del loro numero e specificamente della capacità fecondante. Aumentano i rischi di anomalie cromosomiche e genetiche nei figli. Questi rischi aumentano e sono anticipati, per età, in caso di varicocele (vene varicose che interessano il testicolo, soprattutto quello sinistro), di criptorchidismo (testicolo ritenuto), obesità e fumo. Va detto tuttavia che il fattore età pesa un po’ meno sull’uomo per tre ragioni:
- la spermatogenesi, ossia la formazione e maturazione degli spermatozoi, dura potenzialmente tutta la vita;
- gli spermatozoi sono milioni per eiaculato: i più sani sono i più veloci a risalire le vie genitali femminili, quelli anomali sono più lenti. L’ovocita invece è uno solo, in genere, per ciclo. A parità di difetto cromosomico o genetico, è più probabile che lo trasmetta la donna, se quell’ovocita è affetto, che non l’uomo;
- l’uomo in genere ha partner molto più giovani, la cui maggiore fertilità sana “compensa“ in parte i rischi da età di lui. L’inverso, nelle donne, è molto raro.
Nella coppia in cui lei è oltre i quarant’anni e lui oltre i sessant’anni, i rischi di infertilità o di anomalie embrio-fetali aumentano per l’effetto sommatorio negativo che l’età di entrambi ha sia sugli ovociti, sia sugli spermatozoi, con conseguenze negative anche sulla salute del nascituro. Ecco perché in America è già una moda crioconservare, ossia mettere in frigorifero (specializzato), sia i propri ovociti sia i propri spermatozoi. Buoni per tempi procreativi migliori.

Il fumo: killer della fertilità di lui e di lei

In Italia fumano ben 12 milioni di persone: il 27% dei fumatori è di sesso maschile, il 19,2% è femminile. La media europea dei fumatori è del 37%.

LUI
Un terzo delle infertilità è causato da fattori quasi esclusivamente maschili. Età avanzata e danno tossico da fumo sono tra i fattori più lesivi di fertilità e sessualità maschile. Uno studio recente, che ha riesaminato 20 studi sul rapporto tra fumo e fertilità, condotti su ben 5.865 uomini, ha dimostrato che il fumo:
- aumenta lo stress ossidativo, con un effetto tossico diretto sugli spermatozoi;
- riduce il loro numero: mediamente 9.720.000 spermatozoi in meno (!) per millilitro di sperma (l’eiaculato medio va da 2 a 5 ml);
- riduce la motilità del 3,48%: meno gli spermatozoi corrono, meno probabilità hanno di risalire utero e tuba per raggiungere l’ovocita sul luogo dell’appuntamento e in tempo giusto per fecondarlo;
- aumenta le anomalie di forma, con una netta riduzione della capacità fecondante;
- riduce in modo complesso la funzionalità e la capacità fecondante, anche se si ricorre alla PMA.

LEI
L’analisi di 17 studi osservazionali condotti in 7 Paesi su oltre 207.000 donne ha confermato che il fumo è molto dannoso anche per l’ovaio e la fertilità femminile. In particolare:
- le fumatrici hanno meno figli delle non fumatrici;
- a 30 anni gli ovociti di una fumatrice mostrano un invecchiamento accelerato e somigliano a quelli di una quarantenne, con perdita parallela della fertilità sia spontanea sia ottenuta con PMA;
- il fumo raddoppia il rischio di menopausa precoce, ossia prima dei 40 anni, con un effetto tanto maggiore quanto più precoce è stata l’età di inizio e più elevato il numero di sigarette fumate;
- nelle donne attualmente fumatrici e che hanno fumato per 15-20 anni, il rischio di menopausa precoce aumenta di ben 15 volte;
- quand’anche si arrivi al concepimento, il fumo potenzia gli effetti negativi dell’età: aumento di aborti spontanei, malformazioni fetali, patologie della placenta (con minore funzionalità e feti più piccoli rispetto all’età gestazionale), rottura della placenta, emorragie e parto prematuro.

ATTENZIONE
In un Paese di cicogne e cicogni tardive è meglio eliminare il fumo dalla propria famiglia e dalla propria vita per proteggere la fertilità, in modo anche transgenerazionale: nuovi dati suggeriscono che se i padri e/o le madri hanno fumato molto, anche i figli sono meno fertili (effetto epigenetico), ancor più se la donna ha fumato anche in gravidanza.

Aborto spontaneo Fertilità e infertilità Fumo Gravidanza tardiva Parto prematuro Placenta e anomalie della placenta Rischi ostetrici e fetali

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