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Le insidie della salute in rete

16/03/2015

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

«L’ho visto, l’ho letto su Internet». Oggi il web sta sostituendo la televisione e la radio come fonte credibile di informazioni, anche sulla salute. Perché? I “pazienti in rete” sono centinaia di milioni nel mondo. E da noi? Secondo un recente studio internazionale sui servizi sanitari, condotto dalla London School of Economics, otto italiani su dieci tra i 24 e i 45 anni si affidano a Internet per sapere di salute e farmaci. Uno su due (il 47% per l’esattezza) per l’autodiagnosi ricorre al web. Tre su quattro non controllano l’attendibilità delle fonti, aspetto insidiosissimo. Infine, il 13% degli italiani ricorre ai social media per postare commenti e domande sui temi medici.
Perché lo fanno? La prima ragione è la curiosità, il desiderio di conoscere e capire di più la propria salute e i propri sintomi. Ottimo, in sé. Ma bisogna saper riconoscere le fonti autorevoli e affidabili, cosa che la maggioranza (75%) degli internauti non fa o non sa fare. Col rischio di farsi ingannare, di seguire false promesse di salute, di fare o farsi del male.
La seconda ragione è il bisogno insoddisfatto di risposte competenti ai propri problemi di salute. Un atto d’accusa, di fatto, a una medicina sempre più veloce nei tempi di consultazione, sempre più tecnologica e meno umana, sempre più indifferente se non sorda al bisogno di una relazione significativa, sempre più incapace di diagnosi degne del nome. Si tratta di un bisogno intrinseco ad ogni autentico rapporto medico-paziente. Il “doctor shopping”, il pellegrinaggio da medici diversi alla ricerca di una diagnosi corretta e di una cura efficace, viene oggi integrato, o addirittura sostituito, dall’“health shopping” in rete.
La ricerca di diagnosi adeguate, che inquadrino in modo appropriato i sintomi di cui l’uomo, la donna o il bambino soffrono, diventa urgente quando i disturbi sono invalidanti e non ricevono attenzione e cure adeguate. Quando la diagnosi di “psicogeno” o “psicosomatico” nega la verità biologica del dolore o degli altri sintomi, non offrendo poi, di conseguenza, terapie efficaci. Quando la frammentazione specialistica non riesce a cogliere i denominatori comuni (comorbilità) di patologie solo apparentemente distanti.
Per esempio, il 60 per cento delle donne che ha cistiti ricorrenti ha dolore all’inizio della penetrazione. E viceversa. Eppure pochi medici indagano su entrambi gli aspetti. E ancora meno riconoscono una contrazione eccessiva del muscolo che chiude in basso il bacino e che avvolge uretra, vagina e ano tra i denominatori comuni più potenti (e curabili) di entrambe le patologie. Pochi si interrogano sul perché le donne che hanno la sindrome dell’intestino irritabile, hanno mal di testa nel 56% dei casi. Sono solo nevrotiche, che litigano con tutti e con il marito prima di tutti? No! E’ più probabile che abbiano un’intolleranza al glutine (gluten sensitivity), che crea un’infiammazione severa della parete dell’intestino, responsabile dei dolori e delle alterazioni dell’alvo (diarrea/stipsi), e del sistema nervoso (neuroinfiammazione), causa prima del mal di testa, specialmente in fase mestruale. E la donna con menopausa precoce che ha violenti dolori articolari e muscolari subito dopo la diagnosi, è solo una lagnosa che non accetta di invecchiare? O non, piuttosto, una donna geneticamente più vulnerabile alla carenza degli estrogeni, che va aiutata con la terapia più ovvia, gli estrogeni bioidentici (se non controindicati), invece che biasimata?
La risposta non è demonizzare Internet, o stigmatizzare chi vi cerca una risposta. Ma dare da un lato una medicina reale più umana e competente, e dall’altro offrire su Internet siti garantiti per rigore medico e competenza di informazione.
L’altro shopping in grande crescita è quello dei farmaci online. Due sono le insidie principali. Primo, acquistare farmaci il cui contenuto non è garantito né per quantità di principio attivo, né per qualità di preparazione farmaceutica. Farmaci di provenienza non accertata né certificata possono contenere eccipienti banditi o inquinanti pericolosi, specialmente nell’uso cronico, fino a causare danni gravissimi, in particolare epatici o renali. Secondo, fatta l’“autodiagnosi”, procedere alla terapia, per sé, per un familiare o un partner, senza consultare il medico, con conseguenze anche gravi. E allora? Navigare per conoscere, perché no? Ottimo, ma bisogna saper riconoscere sirene e scogli. Per non farsi incantare o, peggio, far naufragare la preziosa barca della propria salute.

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