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L'erede? Femmina è meglio

20/07/2009

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

E’ vero che le figlie imprenditrici riescano meglio dei figli maschi? Lo confermerebbero ricerche condotte presso istituti prestigiosi, dalla Columbia University (USA) alla Copenhagen Business School. Ed è vero, più in generale, che le figlie siano professionalmente più brillanti dei fratelli quando seguono le orme professionali dei padri? E’ plausibile, anche se non generalizzabile, per una serie di possibili ragioni, che vanno dalla genetica al feeling. La prima è genetica. Nel linguaggio popolare, si dice che “le figlie patrizzano, i figli matrizzano”. Per i giochi della ricombinazione genetica, in effetti, succede spesso che una figlia sia fisicamente e/o caratterialmente molto simile al padre. Questo significa averne ereditate anche quelle caratteristiche comportamentali, di talento, di energia e di sguardo sulla vita, che sono state utili al padre per affermarsi professionalmente. In più, “il simile ama il simile”. Somigliandosi, c’è maggiore facilità di comunicazione, di intuizione reciproca, di comprensione, di intesa spontanea. C’è la facilità di ridere insieme delle stesse cose, di avere le stesse simpatie o idiosincrasie, di leggere un problema con lo stesso ”taglio” interpretativo, di capire al volo quando si può insistere e quando è meglio lasciar perdere. Di intuire, per il padre, come essere autorevole, ma non autoritario, con la figlia anche nei più delicati anni dell’adolescenza e, più avanti, della collaborazione professionale. E, per una figlia, saper “prendere” il padre per il verso giusto, così da farlo riflettere anche su aspetti scottanti o fastidiosi della vita professionale, o familiare, senza farlo necessariamente inquietare e senza andare in rotta di collisione. C’è il gusto di conversare insieme o di fare sport condivisi, con la soddisfazione e la passione da un lato di insegnare le cose che si amano, dall’altro di apprendere da un uomo che è profondamente “riconosciuto” e amato.
Dal punto di vista professionale, poi, la somiglianza fisica e, soprattutto, caratteriale, è preziosa per trasmettere la visione e la pragmatica del lavoro, arricchite di tutta una vita di esperienza, di un tesoro di relazioni, di un grande bagaglio di strumenti interpretativi della complessità della vita e della specificità dell’area professionale. In più, un padre professionalmente realizzato e socialmente ben inserito può trasmettere quel “codice” di comportamento, che è essenziale per muoversi bene in uno specifico mondo professionale e, più in generale, nella vita sociale. Un “codice” che è fatto di regole, in genere non scritte, su come rapportarsi nelle strutture gerarchiche, con i superiori, i pari e gli inferiori; su come strutturare un discorso o impostare una discussione professionale; su come risolvere pragmaticamente un problema. Su come trasformare un invito a una festa in un’occasione per stringere nuove alleanze. O su come affrontare una difficoltà o un periodo di crisi senza farsene sommergere.
La figlia, a sua volta, se intellettualmente dotata, può utilizzare questo enorme bagaglio di risorse con ulteriore potenziamento. Per esempio, arricchendo lo sguardo pragmatico del padre con l’intuizione e la capacità di empatia, più tipicamente femminili. Con la capacità di creare associazioni mentali utili per una strategia di soluzione dei problemi diversa – ma non meno efficace – da quella strettamente logico-razionale.
La prima generazione di figlie, inoltre, sa che comunque deve “dimostrare” di saper valere in un mondo professionale che, ai vertici, resta solidamente in mano ai maschi. E che in Italia è molto più maschilista rispetto al Nord Europa o al Nord America. Si impegna dunque, in genere, dieci volte più di un eventuale fratello. A cominciare dal curriculum scolastico, in genere nettamente più brillante per le femmine, inclusa la competenza linguistica nelle lingue straniere e i master all’estero. Se, accanto a una migliore formazione scolastica, aggiungiamo tutto il sapere esperienziale appreso dal padre, il risultato, in termini di eccellenza professionale, può essere davvero molto alto. Certo, ciò accade anche quando il figlio maschio somiglia caratterialmente al padre: ma questo, per i noti giochi della genetica, è un po’ meno frequente. Anzi, non sono rare, nei destini delle dinastie, le nette differenze qualitative, di talenti e impegno professionale, tra diverse generazioni, per cui le capacità dei padri si perdono nella mediocrità dei figli maschi della seconda generazione e nell’inadeguatezza totale della terza. Anche qui a conferma del detto popolare, che sempre viene dall’osservazione dei fatti della vita, secondo cui la prima generazione fa la ricchezza della famiglia, la seconda la mantiene e la terza la distrugge.
Largo alle donne, dunque, anche negli affari di famiglia: con una sana competizione, senza più priorità dinastiche maschili di tipo medioevale. Con il primogenito felice di fare, a scelta, il giocatore di basket o di golf, e la piccolina, per la gioia di papà, pronta ad apprendere con grinta tutte le regole per una felice sintesi fra imprenditoria e arte del comando.
In futuro, con il crescere di donne imprenditrici, sarà interessante vedere se i loro figli maschi apprenderanno per affinità caratteriale dalle madri la grinta professionale e la competenza che ora le femmine possono apprendere dai padri.
Nel frattempo tutto rosa, il futuro? Non proprio. L’ultima sfida, da acrobate, resta poi l’armonizzare il tutto con la famiglia. Come dicono molte donne ai vertici professionali, con partner o single, ma senza pargoli: se avessi avuto una moglie, di figli ne avrei fatti tre...

Autorealizzazione Famiglia e rapporti familiari Riflessioni di vita

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