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L'economia della felicità

21/05/2012

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Il ragazzo, malconcio, barba lunga, viso stravolto, vestiti sporchi, sta chiedendo l’elemosina. Molti passano veloci, senza guardare. Qualcuno lascia un soldo, ma non lo guarda, per imbarazzo o per pudore, per fretta o per vergogna. Un uomo si ferma. Ha i capelli bianchi, il volto sereno, lo sguardo affettuoso. Guarda il ragazzo con la tenerezza sollecita con cui un nonno guarderebbe un nipote amato che torna da un lungo viaggio. Non si preoccupa dei vestiti logori ma solo di sapere come sta. L’uomo, sui settant’anni, non ha fretta. Si ferma. Dà un euro. Ma intanto chiede: «Come ti chiami? Dove abiti? Ce l’hai un posto per dormire?». Il ragazzo è sorpreso. Non gli è mai successo che qualcuno si fermi per sapere qualcosa di lui. Risponde e intanto scruta quell’uomo che sa ascoltare. Comincia così una conversazione che cambia non due, ma tante vite. Quell’uomo si chiama Dino. Gli offre un panino, poi due. Il giorno dopo torna con dieci panini, perché il ragazzo ha altri amici che hanno fame, come lui. Pian piano, in poco più di due anni, Dino ogni giorno dà da mangiare a 200 persone. Nel quartiere di Roma, dove abita, lo conoscono tutti. Al mercato, a fine mattinata, tutti gli danno la frutta e la verdura non acquistata che non potrebbe essere venduta il giorno dopo. Cucina in casa, la moglie lo aiuta, e poi va a distribuire i pasti a chi ne ha bisogno. Ormai è un’istituzione. Un giorno lo chiama il direttore di un supermercato, lì vicino: «Abbiamo diversi prodotti alimentari in scadenza. Se vuole può passare a prenderli. Gratuitamente, s’intende». Pian piano, altri volontari si aggiungono e danno una mano. Il signor Dino crede nella Provvidenza. Ma in modo sobrio, sereno, senza proclami, senza presunzione. Ho visto per caso un’intervista in TV, su Rai Uno. Raramente ho sentito una persona parlare con tale semplicità e con altrettanta verità. Il signor Dino viene definito “leader naturale” per la capacità che ha avuto, in poco tempo, di farsi seguire in questo impegno dalle persone più impensate, senza chiederlo. Perfino un capo dei vigili, smessa la divisa, alla sera lo aiuta a servire alla mensa. E il cibo arriva in dono dalle persone più diverse. Per esempio, i panettieri della zona gli danno il pane invenduto di giornata, che viene servito a cena. Lui guarda basito l’interlocutore, e commenta, quasi tra sé: «Leader?! Ma io sono un poveraccio…». «Perché lo fa?», incalza l’intervistatore. «Io credo – dice quieto Dino – Per me ogni povero è il Signore, che disse: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Avevo sete e mi avete dato da bere…”. Tanta gente ha bisogno, oggi. Faccio quello che posso, come se davanti avessi Lui. E credo nella Provvidenza. Tanti mi aiutano ogni giorno, senza chiederlo. Tanti sono felici di aiutare gli altri...».
Si può essere felici, in tempi come questi? Con una crisi economica di cui non si vede la fine? Sì, se guardo quest’uomo in pace con se stesso, attivo e prezioso per gli altri, senza frenesìa né vanità. Nella stagione oltre la pensione, ha trovato un significato profondo per la sua vita. E mette in pratica la sua fede con una concretezza lieta e lieve al tempo stesso: «Quel ragazzo è stato una benedizione. Ho capito cosa dovevo fare. Tanti mi aiutano, la Provvidenza ci aiuta tutti».
Dino è uno dei volti consolanti dell’Italia che cura, dell’Italia sana, che non fa proclami, ma fa, usa il tempo per aiutare, sa utilizzare quello che c’è, e magari avanza, per tradurlo in bene invece di sprecarlo. Si calcola che il 5-10% del cibo possa essere utilizzato così, invece che buttato. Tutti i volontari che s’impegnano per aiutare gli altri, nei più vari campi, alimentano la cosiddetta “economia della felicità”. Che fa della gratuità il motore della soddisfazione interiore, della serenità del cuore e della mente, della pacificazione con se stessi. Un’economia che non cerca il denaro ma il contatto umano, che è in attivo se riduce il dolore di vivere, fosse anche la fatica di trovare ogni giorno qualcosa da mangiare. Questa è l’Italia in cui credere. E da imitare.

Felicità Povertà Riflessioni di vita

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