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Il sorriso e le sue basi biologiche – Parte 1

27/03/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Da che cosa nasce il sorriso? Perché qualcuno è sorridente fin da piccino e altri sembrano tristi “ab ovo”? Quanto contano genetica, epigenetica, ambiente uterino, certezza d’amore, ambiente, educazione e fortune della vita? E’ possibile imparare a sorridere, con gli occhi e con il cuore? Benché ci si riferisca al sorriso pensando alla sola bocca, l’espressione coinvolge infatti anche gli occhi. La carica espressiva e comunicativa del sorriso deve proprio allo sguardo la sua profondità e incisività nelle relazioni. Un sorriso sincero e istintivo rende più vivace e profondo lo sguardo, lo accende di vita. Al contrario, un sorriso forzato o di circostanza non cambia lo sguardo, limitando a contrarre i muscoli della bocca. L’espressione comune “sorridere con gli occhi” intende proprio questo aspetto emozionale e comunicativo. E, in quanto tale, positivamente contagioso.
Considerando le molte funzioni favorevoli del sorriso, nella vita personale e sociale, è il caso di considerare la cura e la luminosità del sorriso come un pilastro dell’educazione a saper vivere. I bambini che sorridono fin da piccini su che cosa poggiano questa positività? Sulla genetica, anzitutto. Maggiore è la componente di estroversione geneticamente determinata, maggiore è la tendenza a sorridere e a rapportarsi in modo positivo e gioioso con gli altri e con la vita. Secondo, sulla qualità della gravidanza. Se la mamma ha goduto di ottima salute, anche il bimbo è cresciuto biologicamente benissimo: ecco che quei nove mesi valorizzano la tendenza genetica all’estroversione e al sorriso. Una gravidanza patologica, con ipertensione, diabete, anemia o altri problemi, colpisce sia il cervello sia il corpo del bambino, riduce anche le basi biologiche della tendenza a sorridere. Terzo: il tipo di parto. Se normale, aiuta il bambino a stare bene e sorridere. Se prematuro, o comunque patologico, attiva il suo sistema d’allarme e la tendenza al pianto, che è il suo modo di esprimere il dolore, ma anche il bisogno di contatto fisico tenero e affettuoso, la prima cura per ogni trauma infantile, anche da parto.
Il sorriso si presenta in tutti i bambini come risposta fisiologica a uno stato di benessere neurovegetativo: per esempio, è più frequente dopo una poppata soddisfatta, avvolti nel profumo di mamma. Il buon latte caldo, il seno morbido potenziano l’effetto di rassicurazione dell’odore della mamma: è questo il primo segnale sensoriale che il piccolo riconosce, molto più e prima di quello visivo. La poppata, la vicinanza della mamma, del suo odore e del suo calore, la sua voce morbida danno al bambino la certezza di essere amato. Torneremo a sorridere, da adulti e da anziani, quando ci sentiremo amati, quando risentiremo quella certezza di contatto e vicinanza che è una promessa di felicità, il cui primo paradigma sta in un rapporto caldo e affettuoso con la mamma (o un suo sostituto stabile). Tutte quelle sensazioni positive, con un neurovegetativo soddisfatto e calmo, gratificano il bisogno di attaccamento affettivo, il primo e fondamentale pilastro di felicità nella vita: i bisogni primari sono soddisfatti e il bambino sorride. Sorriderà ancora di più se lo specchio sociale, dalla mamma ai familiari, al mondo, gli sorride. I suoi “neuroni specchio” scriveranno sempre meglio nella mente il sorriso e il suo valore per sentirsi bene e stare bene con gli altri.
Pian piano il sorriso del bimbo diventa un’espressione con intenti comunicativi. In questo senso il sorriso può essere considerato un comportamento distintivo della specie umana rispetto ad altre specie animali. Nei neonati, quello che sembra un sorriso compare spesso durante il sonno. E’ la conseguenza di stimoli dell’attività del sistema nervoso, veri e propri sogni, con una fase REM di rapidi movimenti oculari in cui si sogna, che spesso è addirittura sincrona a quella della mamma. Successivamente compare in risposta a stimoli esterni, ad esempio la voce dolce e sorridente di una persona che lo ama. Verso la quinta settimana di vita del bambino, il sorriso viene provocato alla vista di un volto umano sorridente. Questo viene considerato il primo sorriso sociale. Dal quarto mese di vita il piccolo utilizza sempre più il sorriso come linguaggio, rivolgendosi prima agli oggetti che ha intorno, come ad esempio le proprie mani, e poi alle altre persone. Il sorriso diventa allora uno dei suoi primi strumenti comunicativi. Tende a consolidarsi come esperienza e come comportamento, quando lo specchio sociale riflette altri sorrisi e coinvolge tutto il volto.
Il sorriso del bambino è una sintesi di salute neurovegetativa, di serenità familiare e di amore percepito. Coltiviamo il sorriso nei nostri bambini e coltiveremo la luce del mondo.

Allattamento / Svezzamento Attaccamento affettivo Bambini Comunicazione Educazione Genetica e fattori genetici Gravidanza Parto vaginale / Parto cesareo Rapporto mamma-bambino Sogni Sorriso e riso

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