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I molti significati della percezione del dolore

27/06/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, qualche settimana fa ho letto sul suo sito la bellissima storia di Francesco, che con amore e dedizione sta aiutando la sua ragazza a guarire da un tumore. Ho una storia simile, anche se per fortuna meno drammatica. Un anno fa ho conosciuto una ragazza a un corso di ballo latinoamericano. Ci siamo messi insieme dopo poco tempo. Lei però era molto bloccata, mi sembrava persino impaurita dall’intimità: era molto dolce, ma il rapporto completo lo evitava per principio. Io non ho insistito, speravo che poco per volta lei si rilassasse. E così è stato: adesso le cose vanno decisamente meglio e siamo riusciti ad avere dei rapporti anche molto belli. Un mese fa le ho chiesto perché all’inizio provasse così tanta difficoltà a lasciarsi andare: lei si è molto turbata ma poi, dal momento che insistevo, ha accettato di raccontarmi la sua storia. Sembra che in passato soffrisse di vaginismo. Con il ragazzo che aveva prima di me, ogni tentativo di penetrazione si risolveva in un dolore lancinante e un pianto disperato. Ha provato di tutto, persino una lunga e costosa psicoterapia, ma non c’era nulla da fare... Lui per un po’ ha retto, poi si è stufato e l’ha lasciata. Al corso di ballo era venuta più che altro per distrarsi. Con me però dice che sta bene, che sono affettuoso e paziente, e che si sente molto più rilassata. A me però pareva che il vaginismo fosse un problema fisico, non solo psicologico... Possibile che l’amore possa risolvere un problema di questo genere?”.
Carlo T.
Sì, è possibile, ad alcune precise condizioni: probabilmente, come vedremo fra poco, la causa scatenante del vaginismo della sua ragazza era di natura essenzialmente emotiva.
Prima però facciamo un passo indietro e vediamo quali possano essere, in generale, i rapporti fra stato della mente e percezione del dolore. Possiamo dire che la relazione è fortissima, e non solo in ambito sessuale. Il dolore è infatti un’esperienza squisitamente soggettiva, alla quale concorrono fattori biologici (legati alla gravità del danno e a fenomeni modulanti immunitari, endocrini, vascolari, muscolari e neurologici), psichici (timore del dolore e del suo significato, livelli di ansia e depressione, strategie di coping) e contestuali (qualità di vita familiare, livello culturale, condizioni socioeconomiche), tutti strettamente intrecciati. Esso riveste quindi molti significati: è certamente un segnale di danno subìto, ma può indicare anche la paura del danno stesso, o esprimere una richiesta di aiuto verso gli altri, come il partner, la famiglia, il personale medico e di assistenza.
Inoltre, se è vero che il dolore fisico ed emotivo è un fattore scatenante della depressione, è altrettanto dimostrato che la depressione acuisce la percezione del dolore, attraverso una serie molto ampia di sintomi fisici che ne rappresentano il correlato somatico: dal dolore pelvico cronico al mal di schiena, dal dolore al petto al mal di testa, ma anche l’affaticamento, l’insonnia, i disturbi gastrointestinali, i disturbi sessuali, per non citare che i più evidenti.
Nel caso della sua ragazza, affetta da vaginismo, il dolore evidentemente non era legato solo al rapporto sessuale, ma anche e soprattutto alla risposta fisica ed emotiva di vero e proprio terrore con cui “anticipava” la sola idea della penetrazione.

Quali fattori scatenano il dolore nel vaginismo?

Si possono intrecciare almeno tre aspetti, ciascuno dei quali può presentare una diversa gravità:
1) la fobia della penetrazione, che può variare molto a seconda della situazione psichica, dei livelli di ansia con cui la fobia è associata, della maturazione esistenziale, della qualità del rapporto emotivo che si instaura con il partner;
2) la contrazione involontaria dei muscoli che circondano la vagina (pavimento pelvico iperattivo);
3) le inibizioni educative ed altri fattori psicosociali.
Nei casi più gravi, la contrazione del pavimento pelvico costituisce una vera e propria patologia specifica, in cui il muscolo presenta un’iperattività spontanea. Si parla allora di “neurodistonia” o di “ipertono miogeno”, un disturbo a se stante che può essere diagnosticato con l’elettromiografia ad ago, una tecnica di rilevamento che documenta non solo se esista iperattività, ma anche la sua intensità e la presenza o meno di contrazioni “paradosse” (che si verificano quando la donna cerca di distendere il muscolo, e invece lo contrae ancora di più).

Nel caso della mia ragazza che cosa può essere successo?

Nel suo caso è probabile che la contrazione muscolare fosse solo conseguente alla paura, ma non presentasse una patologia indipendente e autonoma rispetto alla fobia della penetrazione. In altre parole, è possibile che la componente fobica si sia ridotta molto proprio grazie alla qualità e alla serenità della vostra relazione, alla profondità emotiva che la caratterizza, e al fatto che non lei l’abbia mai fatta sentire “pressata” al rapporto, ma amata e attesa con dolcezza. Questa maggiore serenità affettiva ed esistenziale può essere stata addirittura più efficace della stessa psicoterapia e aver reso non più necessario un intervento medico.

Che cosa avremmo dovuto fare invece se il vaginismo avesse avuto una causa organica?

Se il vaginismo ha una componente neurodistonica muscolare primaria, o se è complicato da una vestibolite vulvare (un’infiammazione provocata dai ripetuti e infruttuosi tentativi di penetrazione), allora la cura medica è dispensabile: innanzitutto per modulare le basi biologiche dell’ansia e della fobia (attraverso antidepressivi e ansiolitici) e poi, nei casi più severi, per rilassare direttamente i muscoli perivaginali (con la tossina botulinica). In parallelo, possono essere necessarie anche:
- una terapia sessuale comportamentale, per migliorare il rapporto con il corpo e la sensualità, e ridurre la tensione muscolare generale;
- una psicoterapia individuale o di coppia, se esistono problemi psicologici specifici. La psicoterapia, però, non può sostituirsi alla terapia sessuologica, farmacologica e riabilitativa.
La vostra storia dimostra che, quando ci sentiamo amati, anche il nostro atteggiamento verso il dolore può mutare radicalmente: e un corpo che finalmente si abbandona al piacere è la miglior prova di quanto la sofferenza, anche sessuale, sia davvero un segnale ricco di significati, da comprendere e curare nella sua complessità.

Dolore ai rapporti / Dispareunia Rapporto di coppia Vaginismo

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