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Fiabe per crescere svegli

16/05/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Volete un figlio sveglio e calmo, veloce di pensiero e intuitivo, capace di sensibilità e di immaginazione, di concentrazione e di intelligenza viva, curioso di sé e del mondo? Trovate il tempo di leggergli personalmente le fiabe fin da piccolissimo: dai sei mesi fino ad almeno sei anni. Papà e mamma sono essenziali, ma anche nonni e zii, se ci sono, vanno benissimo. Purché sia un tempo quotidiano dedicato a questo spazio dell’intelligenza e dell’amore.
E’ un tempo non negoziabile – pur in vite concitate – se vogliamo aiutarlo a crescere bene, più sereno, ma anche davvero più sveglio, proprio dal punto di vista biologico, delle basi cerebrali dell’intelligenza. Nuovi studi dimostrano come l’ascolto delle fiabe dia un beneficio sostanziale dal punto di vista sia dell’intelligenza cognitiva, quella che ci aiuta a ragionare su e con il mondo, sia dell’intelligenza emotiva, che ci aiuta a sintonizzarci con le emozioni degli altri, ed è in assoluto la via regia per affetti appaganti e un maggiore successo nel lavoro e nella vita.
I bambini adorano le fiabe: amano sentirsi raccontare storie fantastiche che li portano a viaggiare con la mente. Storie che li entusiasmano o li confortano, con protagonisti in cui identificarsi, che danno risposte acquietanti alle loro ansie e aprono orizzonti grandi nella loro mente. Per decenni, tuttavia, si era colto soprattutto l’aspetto psicologico di questo raccontare. Resta insuperabile l’analisi straordinaria che Bruno Bettelheim, psichiatra e psicanalista, ha fatto del valore delle fiabe nel suo libro “Il mondo incantato” (Feltrinelli), un classico della psicologia e pedagogia infantile.
Ora sappiamo che il dialogo intimo che si crea tra genitore che legge la fiaba ad alta voce, quieto e affettuoso, e il bambino che ascolta, soprattutto la sera, prima di addormentarsi, sintonizza tutto il corpo (del piccolo ma anche dell’adulto) sotto l’effetto del sistema parasimpatico, il comandante dei tempi di pace. L’adrenalina e il cortisolo si abbassano, scendono quindi gli ormoni dello stress, e aumentano la serotonina, le endorfine, ossia i neurotrasmettitori del benessere, ma anche i fattori neurotrofici, sostanze che stimolano la crescita delle cellule nervose e dei dendriti, ramificazioni che connettono le cellule nervose. Più i nostri neuroni sono vivi e collegati tra loro, meglio pensiamo e meglio ci sentiamo. E qui sta il punto. I fattori neurotrofici aumentano quando siamo rilassati e si riducono quando siamo stressati. Sono essenziali per nutrire il cervello a tutte le età, ma addirittura indispensabili nei bambini piccolissimi, il cui cervello va incontro ad una rapida moltiplicazione delle cellule nervose (i neuroni) e delle loro connessioni (i dendriti), essenziali per svolgere al meglio tutte le funzioni cerebrali. Si parla di neuroplasticità proprio per indicare le basi biologiche di questa grande duttilità del cervello, e di psicoplasticità, per indicarne il correlato psicologico.
Secondo la teoria dello Sviluppo Precoce del Bambino (Early Child Development), il bambino che si impegna spontaneamente nell’ascolto riceve uno stimolo potentissimo per la sopravvivenza dei nuovi neuroni che si vanno formando nel cervello. E le fiabe sono in assoluto i racconti più avvincenti per il cervello infantile. L’ascolto del racconto è dunque uno stimolo psichico che promuove un’efficacissima produzione di fattori neurotrofici e quindi di neuroplasticità: critica fra il 7° e il 14° giorno di nascita della cellula cerebrale, ancora indifferenziata, che diventerà un neurone. Ecco perché la lettura ad alta voce è importante fin dai primi mesi di vita del piccolo. Attenzione: senza compiti, senza stimoli in questa finestra temporale critica (“time window”), la cellula muore, i nuovi neuroni svaniscono. Viceversa, più lo stimolo è “catturante” per il cervello e l’emotività del piccolo, e più è ripetuto (ecco perché deve essere quotidiano), più stimoliamo i neuroni a vivere, a connettersi, a lavorare al meglio. Piccolissimo, non capirà ancora il significato delle parole, ma coglie benissimo le emozioni, le vibrazioni della voce, l’odore tranquillo e rassicurante della mamma o del papà vicino: non si sente più solo. E’ un “bagno di dolci parole” come lo chiamava Didier Anzieu, altro psicanalista geniale, che nutre il piccolo di emozioni positive, aiutandolo nel contempo ad acquisire una precoce e accurata sensibilità fonologica, un uso appropriato del linguaggio, una maggiore ricchezza di vocaboli, che preludono a un più alto dominio della parola orale e scritta, a un maggior successo scolastico e una migliore efficacia comunicativa.
In un’epoca di separazioni prolungate quotidiane tra genitori e figli, a causa del lavoro, il tempo delle fiabe ristabilisce un legame affettivo primario. Aumenta anche la fiducia in mamma e papà di essere bravi genitori, e (re)incoraggia nella famiglia il gusto di leggere, pilastro dell’intelligenza e del saper vivere.
Molti pediatri si stanno impegnando in questo senso, con il progetto nazionale “Nati per leggere”, cui contribuiscono medici sensibili e bibliotecari che amano davvero i libri e i bambini: perché sono loro il futuro della nostra civiltà. Non a caso, tra i miei ricordi d’infanzia più belli ci sono i racconti di fiabe fantastiche che papà faceva ai gemelli e a me la domenica mattina nel lettone, e le mitiche storie della zia Anna, tutte le sere. Racconti che col crescere sono poi diventati conversazioni più colte e profonde. Quel tempo dedicato mi ha nutrito la mente e l’anima, ma anche il gusto per le sorprese nella vita. La mia fiaba preferita? Era sempre “Il gatto con gli stivali”. Gatto parlante, pieno di immaginazione, di risorse e soluzioni. Un gatto magico e concreto, davvero “problem solving”. In ogni storia c’è il suo magnifico perché.

Bambini Fiabe

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