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Diventare papà oggi, fra biologia e cultura

Diventare papà oggi, fra biologia e cultura
06/03/2023

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Che cosa significa oggi diventare papà? Quanto è importante il ruolo attivo dell’uomo nel diventare genitori, quella “transition to parenthood” che segna il passaggio da coppia a famiglia? Transizione che diventa la base sicura di un progetto di famiglia (più) solido e duraturo, quando sia ottimale. O, che, viceversa, può segnare l’inizio della fine: il diventare genitori del primo figlio è in assoluto la crisi evolutiva più profonda che la coppia attraversa.
Come tutte le crisi, anche questa costituisce un rischio e un’opportunità. Quali pensieri, emozioni o paure entrano in gioco, quando l’uomo sogna di diventare padre di un bambino desiderato, e poi durante i nove mesi della gestazione? E cosa succede nel suo corpo? Oggi sappiamo che il profilo ormonale cambia anche negli uomini, e non solo nelle donne, seppure in misura minore. Si abbassa il testosterone, e questo tende a ridurre l’aggressività generale e la spinta sessuale, con una frenata che interessa anche i primi mesi di puerperio. La probabile finalità biologica è ridurre il rischio di interesse verso altre donne e di far concepire la neo-mamma alle prime ovulazioni dopo il parto, che possono comparire verso la fine dell’allattamento. Questa riduzione del testosterone non sembra essere presente invece nei partner che tradiscono in gravidanza e dopo il parto.
Interessante: più l’uomo è motivato a diventare papà, più aumenta in lui l’ossitocina, ormone dell’amore, che lo aiuta a sviluppare sentimenti di attenzione e tenerezza verso la partner e il bimbo che verrà. E aumentano anche la vasopressina, sorella più antica dell’ossitocina, che ne rinforza il valore affettivo, e la prolattina. Difficile dire se sia il biologico a trascinare il comportamento, o viceversa: probabilmente il dialogo tra biologia e comportamento è bidirezionale.
E sul fronte psicologico? La prima differenza riguarda l’atteggiamento verso il concepimento: solo la metà delle gravidanze è oggi “desiderata” attivamente. L’altra metà arriva più o meno per caso, o con un passivo «se capita, siamo contenti», senza nessun esame preconcezionale, né assunzione precoce di acido folico, utile per migliorare la qualità di spermatozoi e ovociti, e ridurre il rischio di malformazioni, se assunto tre mesi prima del concepimento.
L’uomo motivato a diventare padre e genitore accompagna la partner alle visite preconcezionali. Risponde con un sorriso convinto e divertito all’affermazione che «il cicogno ha il 50% delle azioni», e dunque dovrebbe fare anche lui gli esami preconcezionali. Li fa volentieri, con un atteggiamento protettivo e responsabile che è già un ottimo inizio. Al ritardo mestruale condivide il primo test di gravidanza in casa, nella maggioranza dei casi. Accanto alla gioia, tanto più intensa quanto più il bambino è voluto, magari da tempo, compare un leggero senso di panico. L’intuizione che la vita cambierà davvero, con nuove responsabilità. Una parte della spensieratezza precedente è finita. Sullo schermo della sua mente cominciano a passare immagini di notti insonni, partite di calcetto cancellate, tempo libero azzerato e uscite con gli amici ridotte causa bebè, come sostiene Flavio Mombelli, psichiatra e psicoanalista, con cui condivido da decenni stimolanti riflessioni psicodinamiche. L’orgoglio di diventare padre, la vera svolta della maturità, si intreccia con la concretezza di immaginarsi nel nuovo ruolo e di saper/poter affrontare i nuovi impegni, educativi ma anche economici.
Sostiene Mombelli che una parte essenziale della “gestazione” interiore dell’uomo riguarda il ripensare all’infanzia e al rapporto con il proprio padre, con bilanci che possono essere luminosi, ottimo paradigma per il futuro, o conflittuali e difficili da superare, anche perché il nuovo modello di paternità è inedito nella storia della famiglia di origine, dove i ruoli erano molto rigidi e separati, e il padre mostrava più attenzione al bambino quando cominciava a fare domande intelligenti.
Se l’uomo soffre di depressione in gravidanza, la soddisfazione coniugale è più bassa e diventare padre è più problematico. I nove mesi possono costituire allora un ottimo tempo interiore, anche per il papà, per prepararsi al meglio al nuovo ruolo. E la donna, che cosa può fare? Può aiutare il compagno a creare un legame con il figlio che cresce nel pancione, rendendolo partecipe della nuova vita, attraverso l’ecografia, che rende il bimbo “reale”, anche per il papà, e sentire i primi movimenti fetali. Evitando di far sentire il partner con la “sindrome del fuco”, buono solo per fecondare, o come “terzo incomodo”, soprattutto se il bimbo è maschio.
Per la coppia in attesa è prezioso coltivare un nuovo spazio di intimità, di dialogo, di confidenze, di scambio di emozioni, per accogliere insieme e con gioia il bimbo che verrà. La prima culla del papà è nel cuore.

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