EN

Deterioramento cognitivo iniziale: un’insidia sottile alla qualità delle cure

Deterioramento cognitivo iniziale: un’insidia sottile alla qualità delle cure
24/01/2022

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Lavoro con donne di ogni età da decenni. Le ascolto, le visito, indago che cosa stia succedendo nel loro corpo quando lamentano determinati sintomi, spiego con cura il perché degli esami, delle cure proposte, e come farle. Come ginecologa ho lavorato in tutti i contesti sanitari: università, ospedali, consultori familiari, ambulatori pubblici e privati, e con donne di tutti i livelli sociali. Tuttavia mai ho avuto la sensazione così netta di un sottile, diffuso, ingravescente e anticipato deterioramento cognitivo come in questi ultimi due anni.
Non sto parlando della demenza di Alzheimer o della demenza arteriosclerotica su base vascolare, che costituiscono il secondo tempo del deterioramento cognitivo severo, a quel punto di fatto irreparabile. Incurabile in termini sostanziali, quando la diagnosi di demenza è lampante anche ai familiari, perché l’80% dei neuroni che presiedono la memoria, l’attenzione, la comprensione e il pensiero è ormai stato distrutto. Intendo le fasi iniziali del deterioramento cognitivo, quel primo tempo della patologia quando le persone sembrano ancora normali ma il danno delle cellule nervose è in atto, ancorché “sottosoglia”, poco percepibile ma ancora reversibile.
Perché ritengo urgente condividere con lettrici e lettori la necessità di un’attenzione più scrutante agli anziani di famiglia, e a noi stessi, dopo gli “anta”? Più il cervello è dominato dalla depressione e dalla restrizione degli orizzonti di vita, più si rallenta, fino a indurci a chiuderci in casa, ancor più in questo long-lockdown. Più si sta chiusi in casa ad ascoltare notizie preoccupanti, più l’ansia aumenta e con essa il cortisolo, ormone dello stress che distrugge il cervello più dell’invecchiamento. Il cortisolo è l’unico ormone che aumenta con l’età, ancor più se si è ansiosi, stressati e fisicamente inattivi, perché allora l’ansia non viene scaricata nel modo più sano, ossia con l’attività fisica. Se cronicamente elevato, questo ormone dell’allarme ci brucia letteralmente il cervello, perché aumenta la neuro-infiammazione, quel microincendio biologico, invisibile e potente, che distrugge i neuroni. Meno ci si muove, e più si è in ansia, più aumenta il consumo di cibi confortanti, zuccheri in primis: benzina sul fuoco dell’infiammazione, con aumento ulteriore del deterioramento cognitivo, della sindrome metabolica, e dei danni vascolari (altri potenti nemici del cervello).
Già in queste fasi inziali del deterioramento cognitivo un numero crescente di donne ha un’ansia distruttiva: sono talmente preoccupate che non riescono ad ascoltare con attenzione quanto si dice loro. Lo sguardo è spaventato, anche per sintomi di insonnia o di dolore, che feriscono la qualità della vita. Così in ansia che non riescono a seguire il ragionamento per un minuto. La spiegazione sull’importanza del camminare fuori al mattino si scontra contro il «non ho tempo», anche se sono casalinghe o contro il «ho paura a uscire, sto meglio in casa». Inutile spiegare che uscire e avere la luce del giorno è fondamentale per dormire meglio (e mantenere un miglior bioritmo della melatonina, regina del buon sonno) e per restare più di buon umore, più in forma e più serene. La spiegazione sulle cure, pur scritte accuratamente sulla prescrizione, è un sesto grado. Con forte preoccupazione su quali potranno essere l’aderenza alle cure, la costanza e la correttezza dell’assunzione dei farmaci necessari per curare o attenuare le patologie lamentate. Il messaggio non passa perché troppe finestre del cervello sono chiuse dall’ansia e dalla depressione. Le donne più a rischio? Le casalinghe e le pensionate, ancor più se il livello culturale è basso e le risorse economiche limitate. Grande fortuna se un familiare affettuoso le accompagna.
Quali sono i sintomi che ci devono allertare per agire tempestivamente, quando ci sono spazi vivi per riallenare il cervello a funzionare meglio e a riattivare la neuroplasticità costruttiva? I più inquietanti: i disturbi del sonno. Peggio dormiamo più il cervello è in fiamme per lo stress, l’ansia, la depressione, l’alimentazione sbagliata e l’alcol, l’inattività fisica, il sovrappeso e il fumo. Poi i livelli d’ansia e depressione. La scarsa curiosità: l’uscire poco, il non leggere, il non imparare nulla o quasi di nuovo. L’inattività fisica. L’alcol. Il sovrappeso e l’obesità.
E’ urgente un autoesame, e l’osservazione delle persone che amiamo, per intercettare i primi segni di questa pandemia pervasiva di deterioramento cognitivo che in pochi anni ci presenterà altrimenti un conto spaventoso. La prima prevenzione, e la terapia più efficace, in queste fasi iniziali, è restare attivi nel corpo e nella mente, senza scuse e senza eccezioni, aumentando la grinta e la positività con cui abitiamo la nostra vita, ogni giorno.

Adrenalina e cortisolo Alcol Alimentazione e dieta Ansia Ascolto Depressione Funzioni cognitive - Disturbi cognitivi Lockdown Neuroinfiammazione Peso corporeo Rapporto medico-paziente Sonno e disturbi del sonno Sport e movimento fisico

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter