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Crisi economiche: il danno per i bambini inizia in gravidanza

Crisi economiche: il danno per i bambini inizia in gravidanza
13/12/2021

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Tutto comincia in utero. L’ombra nera di ogni crisi economica colpisce presente e futuro, di un individuo e della società, fin dall’inizio della gravidanza. Il denominatore comune è netto: le donne sono più vulnerabili degli uomini alle crisi, indipendentemente dalla causa prima. Sia essa una pandemia, una guerra, una catastrofe naturale, una carestia. Subiscono di più l’insicurezza economica, le disuguaglianze sociali e di genere. Hanno impieghi meno sicuri e meno pagati. Se perdono il lavoro, hanno più rischio di depressione e di ansia, di abuso di alcol, di comportamenti autodistruttivi. Sono ancora più vittime di violenze domestiche, perché la carenza di denaro aumenta l’aggressività maschile.
Le conseguenze della crisi economica in corso, e delle precedenti che si sono susseguite dal 2001, sono più evidenti nei Paesi che hanno più subito la recessione in questi ultimi anni. In parallelo, colpiscono i bambini fin dall’inizio della gestazione, attraverso le molte carenze nutritive, l’allarme adrenalinico e lo stress emotivo che segnano il corpo e la mente della mamma. Il danno subìto in utero ha un’onda lunga che può alterare tutta la vita futura e il destino di salute, fisica e mentale, dalla prima infanzia all’età avanzata.
Dati drammatici su questa trascurata realtà sono stati presentati al congresso mondiale di “Controversies in Obstetrics and Gynecology” (COGI), tenutosi a Berlino dal 2 al 4 dicembre, dal professor Gian Carlo Di Renzo, ginecologo italiano che è un’autorità mondiale in medicina perinatale. Ecco quelli salienti, per l’Europa: in Grecia, dal 2005 al 2014, il prodotto interno lordo si è ridotto del 15%. La disoccupazione è triplicata, con picco di emigrazione, soprattutto dei giovani. La fertilità si è ridotta del 20%. Inquietante: la mortalità perinatale è aumentata addirittura del 41%, con incremento del 7% di neonati nati piccoli, nettamente sottopeso rispetto all’età gestazionale, per le carenze nutritive e le ripercussioni di più serie patologie materne subìte in utero. Simili dati per la Spagna, nel periodo 2001-2013, con massima vulnerabilità in gravidanza registrata nelle donne casalinghe, disoccupate, con scolarità solo primaria, senza mezzi di sussistenza economica perché povere o licenziate. Con l’aggravante della privatizzazione del sistema di assistenza sanitaria, che ha lasciato scoperta e senza aiuto proprio la parte più fragile della popolazione femminile. In Islanda, tra il 2006 e il 2009, c’è stata un’impennata di nascite premature con bambini di basso peso alla nascita, 6-9 mesi dopo il collasso economico. Anche negli Stati Uniti la relazione tra il livello di occupazione della mamma e le conseguenze sul feto è netta: i bambini nascono con un peso tanto più basso, stressati già in utero, quanto più la mamma è stata costretta al passaggio da tempo pieno a parziale, o licenziata. La disoccupazione aumenta il rischio di morte del feto, massimo tra le donne non-bianche (ispaniche, asiatiche, nere).
Perché è importante riconoscere questa precisa relazione tra situazione occupazionale della mamma e destino del bambino? Perché in quei nove mesi si scrivono le vulnerabilità di sviluppo, o i punti di forza nelle gravidanza serene e ben seguite delle mamme che lavorano, di tutta la vita futura di quel bambino o quella bambina. Se sono lese già le fondamenta della salute fisica e mentale, difficilmente il piccolo potrà poi esprimere al meglio i suoi talenti. Anche perché l’ambiente svantaggiato post-natale continuerà la sua opera sinistra di asfissia delle potenzialità, brutalizzandone il destino. Per questo si parla oggi di origine nello sviluppo di salute e malattia (Developmental Origins of Health and Disease, DOHaD). Quando il decorso della gravidanza è turbato per carenze fisiche e stress materno, aumenta il rischio di malattie infiammatorie e autoimmuni: a esordio precoce, sin dall’infanzia, come avviene per le malattie respiratorie, quali asma, atopie e allergie, anche alimentari e cutanee, e a esordio più tardivo, fra cui ipertensione e altre malattie cardiovascolari, obesità, diabete, demenze.
Com’è possibile? diranno lettrici e lettori. La sofferenza fetale severa e persistente in utero modifica le possibilità di espressione dei geni del piccolo. Esaspera i geni patogeni, e silenzia i protettivi. Come se un progetto, bello all’inizio, venisse amputato, a volte per sempre, delle sue parti migliori. Il basso peso alla nascita, rispetto all’età gestazionale, è solo il segno più evidente del profondo danno biologico e psichico che il piccolo ha già subito. Pensare nel futuro significa assistere molto meglio, sin da ora, le donne in gravidanza, tutelandone di più anche il diritto al lavoro e alla serenità economica.

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