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Come cambia il volto della violenza

22/08/2006

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Il bollettino della violenza sessuale non conosce soste. In questo scorcio d’estate colpisce l’identità del violentatore che cattura l’attenzione dei media: quasi di regola un extracomunitario. Sembra dunque che il volto della violenza stia cambiando, con un protagonista in ascesa: l’immigrato, lo straniero. Un’identità che da sola polarizza fantasmi, dichiarazioni bollenti, richieste di castrazione chimica. Un’analisi dei fatti si impone: è reale questo aumento? A che cosa è dovuto? Rappresenta davvero, o no, la maggioranza delle violenze? E che cosa comporta, questo, per le donne che vivono in Italia?
Contrariamente ai titoli sensazionalistici che ci colpiscono tanto, i dati ISTAT sulla violenza sessuale ci danno un elemento abbastanza stabile, e triste: tre vittime su quattro, anche nel 2005, come negli anni precedenti, sono state aggredite da familiari stretti, parenti e conoscenti, quindi all’interno della cerchia domestica. Non solo: la rete di omertà, di paura, di minacce, che copre l’abuso “intra moenia”, tra le mura di casa, fa sì che i casi denunciati siano solo una minoranza, rispetto a quelli effettivamente perpetrati. Il primo mea culpa, la prima linea di prevenzione e protezione dovrebbe quindi comunque essere rivolta nei confronti delle italianissime violenze familiari, che restano desolatamente stabili negli anni.
“Solo” il 18-27 per cento delle violenze denunciate nelle diverse regioni italiane sono compiute invece da sconosciuti. E’ all’interno di questo gruppo che sì, sta avvenendo un cambiamento nell’identikit del violentatore. Dalle notizie di cronaca sembra che gli immigrati siano ora dominanti, rispetto agli sconosciuti di nazionalità italiana. Questi ultimi, nei casi più recentemente denunciati e peraltro in calo, sono minorenni e si muovono in gruppo.
Quindi sì, c’è un protagonista di minoranza in ascesa, l’immigrato, lo straniero, che agisce spesso isolato. A che cosa è dovuto questo aumento? Innanzitutto, a una diversa cultura della donna e del suo diritto al consenso all’atto sessuale, nonché al suo pieno diritto di cittadina di muoversi fuori casa da sola. Per culture nelle quali la donna vive ancora in casa, il fatto che lei sia in giro da sola, magari per andare a lavorare alle 6.30 del mattino come è successo ieri a una signora di Milano, viene percepito come un doppio diritto per lui. Perché lui ha voglia e lei è sola. E sfortuna per lei: perché la donna viene vista come un puro oggetto per soddisfare una pulsione urgente. Secondo, l’impulsività nell’aggressività, sessuale e non, è più frequente in popolazioni in cui il concetto di diritto, di regole, di controllo degli impulsi, sono meno radicati. Con la complicità esplosiva dell’emarginazione, della solitudine, dello sradicamento, della precarietà violenta di una vita alla deriva. Attenzione: queste non sono attenuanti. Sono segni che dicono quanto la nostra società stia diventando vulnerabile quanto più aumenta la percentuale di disperati senza lavoro che entra nel Paese.
La violenza sta cambiando volto anche nei tempi, nelle modalità, nei luoghi, proprio perché ha questo carattere di predazione, sull’onda dell’istinto personale immediato che diventa urgente e prepotente nel momento in cui l’uomo scorge la preda. Può succedere a tutte le ore del giorno, e non solo a tarda notte fuori dalle discoteche. Può succedere mentre lei sta andando al lavoro, sobriamente vestita e tranquilla, al mattino presto, alla fermata dell’autobus. Oppure in mattinata, mentre sta facendo jogging. Al pomeriggio, mentre torna con la spesa. Tutte situazioni in cui l’insinuazione maligna della corresponsabilità di lei cade definitivamente.
Che cosa significa questo per le italiane (ma lo stesso succede in tutti i Paesi ad alto reddito)? Una verità triste: che la nostra libertà di donne è in netta riduzione. Che la soglia di autoprotezione deve alzarsi a livelli nettamente più alti. Che non si può più abbassare la guardia, in nessun contesto e a nessuna ora del giorno, oltre che della notte. Questo come misura di emergenza che, vista la situazione, rischia di protrarsi così a lungo da diventare regola. Che fare? Chiedere un aumento  delle forze di Polizia, come ha fatto ieri il sindaco di Milano, non ha senso, se poi un indulto butta fuori proprio questa categoria di perpetratori di crimine. Semmai, due dovrebbero essere le linee di intervento: pene molto severe, e non passibili di indulto, per chi, immigrato o italiano, compia questo delitto contro la persona. La disperazione di una donna brutalizzata in questo modo, violata nell’anima oltre che nel corpo, è reato gravissimo e dalle conseguenze devastanti e prolungate, molto più di quanto l’attuale legislazione consideri. E’ un assassinio della fiducia, del diritto di essere libera e non preda.
E, per gli immigrati, espulsione successiva definitiva, alla fine della pena. Il “politically correct” porta a vedere con molta comprensione le disperazioni degli extracomunitari. Questo, tuttavia, non può in alcun modo ridurre la loro responsabilità quando compiano delitti, di ogni tipo, contro una persona del Paese che li ospita. Solidarietà non può significare tolleranza o debolezza nell’esigere, con fermezza, il rispetto delle proprie regole di libertà e di autodeterminazione che, per quanto riguarda le donne, sono in Occidente nettamente più avanzate. Ospitare l’immigrato non può significare il far tornare le donne italiane al medioevo, il barricarle in casa. E nemmeno farci ridurre il diritto di vivere ed esistere e muoverci nella nostra terra con la giusta e necessaria sicurezza.

Abuso sessuale: approfondimenti disponibili sul sito della Fondazione Alessandra Graziottin

Abuso, molestie, stalking, violenza sessuale e domestica Aggressività e violenza

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