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Cocaina: non banalizziamo

12/10/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

L’uso di cocaina è diventato epidemico. Se negli anni Ottanta i costi proibitivi ne facevano una droga per ricchi, ora il suo uso è diventato accessibile anche ai ragazzini. Si sa, si sapeva da tempo, e tuttavia si ritorna a parlarne in toni allarmistici solo quando un ragazzo “nato arrivato”, un privilegiato che dalla vita ha avuto tutto, si distrugge il cervello e brutalizza la propria vita con un cocktail micidiale: cocaina, alcool e eroina.
La cocaina è usata e diffusa per la sensazione di eccitazione che dà, perché aumenta la resistenza alla stanchezza, perchè fa sentire più forti, assertivi, creativi, perché amplifica le sensazioni di piacere, perché fa sentire più super, finché dura la sua azione. Nel cervello aumenta infatti la dopamina, un neurotrasmettitore di tipo eccitatorio che media le nostre sensazioni di desiderio, di voglia di fare, di conquistare (oggetti, terre, donne o imprese).
La legge della ricompensa, che regola i comportamenti umani, e non solo, fa sì che la si ricerchi proprio per questa sensazione di benessere esaltato che fa dire: “Non mi sono mai sentito/a così bene”, mentre in realtà il cervello comincia a perdere colpi, mascherati da questa illusoria euforia.
Ed è ancora questa sensazione che dà la pericolosissima convinzione di “poterne fare a meno quando si vuole”, proprio per il senso di onnipotenza che accende o esalta.
In realtà, e all’opposto, quando si spegne l’effetto eccitatorio, quando la dopamina va al di sotto dei livelli normali, per effetto della coca, la persona si sente svuotata, senza più forze, incapace di provare piacere, depressa, e con una voglia fisica incontenibile (“craving”) di rifarsela.
Inizia qui la dipendenza ”psicologica” che in realtà ha sempre una base biochimica: la dipendenza dalle droghe è a tutti gli effetti una “malattia del cervello”, come oggi giustamente la si considera.
Attenzione: il parlare di “malattia”, tuttavia, non solleva dal principio di responsabilità personale, che ognuno dovrebbe avere nella tutela anche della propria salute e della propria vita, principio totalmente dimenticato quando si parla di droghe, tanto più banalizzate quanto più sono usate da persone che, secondo gli svuotati  canoni contemporanei, appartengono al “bel mondo”.
Chi è a rischio di usare la coca, e di diventarne dipendente? Sostanzialmente chi non sa affrontare le difficoltà della vita e le sue frustrazioni, chi non sa fare delle ineludibili difficoltà un’occasione per migliorarsi, per rinforzare le proprie motivazioni, per affinare le proprie competenze, per mettersi in discussione negli errori. Chi crede che il corpo sia una macchina da far andare a mille, senza rispettarne i tempi di riposo né i limiti, pensando che “volere è potere”. Chi cerca la strada breve, invece di accettare anche la fatica e la disciplina che il lavoro comporta, e i suoi giorni di bassa marea. Chi non sa leggere la noia come uno stimolo per riaccendere la propria vita smarrita nella nebbia dell’opulenza, del privilegio, della ricchezza facile.
Chi sono i soggetti  più a rischio di danni cerebrali? Gli adolescenti, perché il loro cervello è più vulnerabile agli effetti eccitatori e alla dipendenza psicologica da questi stati di “euforia perfetta”. Le persone depresse, con disturbi d’ansia, con personalità di tipo borderline, e i ragazzi che hanno deficit di attenzione con iperattività. Gli adulti, di ogni età, che non sanno reggere la competizione professionale e si illudono di annegare i propri sentimenti di inadeguatezza nell’uso sempre più continuativo di questo eccitante.
Attenzione, tuttavia: i danni non si limitano al cervello: uno degli effetti più temibili della coca sono le crisi ipertensive, che possono causare infarto o ictus: quante morti improvvise, negli uomini sotto i quarant’anni, non sono dovute a questa droga? E quanti incidenti d’auto del sabato sera avvengono sotto l’effetto combinato di alcool e droghe?
E’ più a rischio di danni anche chi la usa in combinazione con l’alcool: dal 60 al 90% dei cocainomani la usa insieme ad alcolici. Perché? Sembra che l’alcool attenui alcune punte eccitatorie, che possono essere spiacevoli, e prolunghi l’azione eccitante. In effetti, uno dei cataboliti di questa combinazione, il coca-etilene, ha una vita nel sangue molto più lunga mantenendo così anche l’azione farmacologica. Purtroppo, la presenza di alcool rinforza i meccanismi di dipendenza e la tossicità, anche epatica.
Allarme non marginale, l’uso si sta diffondendo rapidamente tra le donne, anche in gravidanza. Questo costituisce un abuso del bambino che nascerà, perché lo espone precocemente sia ai danni farmacologici delle diverse droghe, sia alle crisi d’astinenza dopo la nascita.
Rendiamoci conto che c’è un’epidemia di cervelli spappolati e di crisi di valori. Banalizzando la droga, acceleriamo questo sfacelo, in cui possono annegare anche i nostri figli, e le persone che amiamo.

Apparato e patologie cardiovascolari Cocaina

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