EN

Amore, cure, fiducia nella vita: come superare il trauma dell'infertilità

10/07/2009

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, ho letto in questa rubrica la sua ultima risposta sul rapporto fra invecchiamento, infertilità e fecondazione assistita, e ho deciso di scriverle anch’io. Il problema è lo stesso – io e mia moglie da anni cerchiamo invano di avere un figlio – ma lo vorrei affrontare con lei da un punto di vista differente: la “rabbia” immensa, devastante di mia moglie, che sta rovinando persino la nostra intesa. Io ho 44 anni, lei 42. I ripetuti tentativi di fecondazione artificiale non hanno dato alcun esito, anche perché siamo tutti e due gravemente ipofertili. Così, qualche mese fa, i medici ci hanno consigliato di desistere. Questa “sentenza”, però, lei non l’ha accetta: e scarica la sua frustrazione su tutti e su tutto, e specialmente su di me, che pure le vivo accanto da 16 anni! Ce l’ha con se stessa, perché non riesce a fare, così dice, “la cosa più naturale del mondo”; con i nostri amici che i figli, invece, li hanno avuti; con i medici, ai quali imputa del tutto irrazionalmente la “colpa” del suo problema. E ce l’ha con me solo perché, dopo anni di tentativi e frustrazioni, le ho proposto di metterci il cuore in pace, e di pensare alle altre cose belle della vita... Non l’avessi mai fatto! Sostiene che per me è facile predicare, visto che amo il mio lavoro, ho amici carissimi, scio e vado in palestra... Ma che ci posso fare, se ho tanti interessi? Lei invece si sente sola, pensa solo al figlio che non è venuto, si sente profondamente incompresa. La tensione fra noi cresce, e anche la vita intima si è impoverita, perché lei non ha quasi mai desiderio di me. Ho paura che prima o poi mi lasci. Cosa posso fare per non perderla?”.
Fulvio M.
Gentile signor Fulvio, le reazioni di una coppia alla scoperta dell’infertilità possono essere molto diverse: alcune lottano sino a quando è possibile e ragionevole, poi sanno accettare il verdetto della natura e trovano altri motivi per continuare a stare insieme; altre ri-orientano il desiderio di maternità e paternità adottando un bambino, o dedicando tempo e risorse alla cura degli orfani e dei piccoli abbandonati, nel proprio ambiente o in un Paese lontano; altre ancora, purtroppo, non reggono l’impatto della frustrazione e finiscono per sciogliersi. Questo rischio, ovviamente, è più elevato quando il modo di vivere l’infertilità è radicalmente diverso nei due partner, come purtroppo sembra accadere nel suo caso. Ma non disperi: anche per voi esistono possibilità di recupero, se il nucleo profondo dell’amore che vi legava è ancora intatto.

Perché nella donna l'impatto psicologico dell'infertilità è usualmente più pesante?

Per diversi motivi. Innanzitutto, a livello sociale, la donna si identifica maggiormente nel ruolo di madre e attribuisce una grande importanza simbolica alla gravidanza. Nello stesso tempo, la ricerca del concepimento comporta uno stress biologico e psichico ben più rilevante che nell’uomo, anche quando avvenga in condizioni fisiologiche. Questo è ancor più vero quando tutto si svolge nella cornice asettica dei programmi di fecondazione assistita: dai ripetuti controlli ecografici ai prelievi di sangue, dalla stimolazione ovarica all’inseminazione, o al prelievo ovocitario con successivo trasferimento dell’embrione. Le speranze frustrate e il senso di fallimento possono allora tradursi in una vera e propria sindrome depressiva, esacerbata ogni mese dalla comparsa del flusso mestruale – quasi che il corpo si prendesse beffe delle speranze del cuore – o da eventi esterni, come la nascita di un bimbo fra gli amici più stretti.
Infine, l’impatto psicologico è maggiore anche perché la donna, più del partner, tende a ricercare nella propria vita passata eventi che possano aver causato la sterilità, soprattutto in caso di precedenti interruzioni di gravidanza o di infezioni tubariche.

E la caduta del desiderio sessuale che cosa c'entra?

Qui entrano in gioco due fattori: la depressione, che tende sempre a contrastare lo slancio vitale, in tutti i suoi aspetti; e la frustrazione dell’istinto di maternità. Sua moglie, certo in modo inconscio, sente che l’intimità non ha più molto senso dal momento che, accanto al piacere fisico, non consente più di coltivare la fiducia di poter anche concepire un figlio così fortemente voluto.

L'uomo invece che cosa prova?

Nell’uomo, l’impatto psicologico maggiore è legato all’identificazione millenaria, radicata nell’inconscio individuale e sociale, fra “potentia generandi” e “potentia coeundi”, ossia tra potenza riproduttiva e potenza sessuale. Il non poter generare, in altre parole, è vissuto – ripeto, a livello inconscio! – come il segnale di un’insufficiente virilità. Tale impatto è attenuato quando la fertilità è in qualche misura ancora possibile. E’ invece massimo quando l’uomo è del tutto sterile: e la controprova è che ammettere la propria infertilità è ancora un tabù sociale, anche verso la famiglia di origine. Pensi che una ricerca condotta a Parigi ha dimostrato che, su 830 uomini (diversi per razza, cultura e religione) del tutto privi di spermatozoi (“azoospermici”), solo uno aveva rivelato al proprio padre di essere lui il responsabile dell’infertilità della coppia.
L’uomo inoltre vive con ansia e disagio l’esame del liquido seminale, sia per le modalità di raccolta, sia per la necessità di astinenza dai rapporti, sia per il timore del giudizio che il medico e la partner potrebbero formulare sulla sua scadente fertilità e quindi della sua “dignità” di uomo e di maschio.
In compenso, l’uomo riesce a compensare molto meglio la mancanza del figlio con altre attività, dal lavoro agli amici, dagli hobby allo sport, proprio come succede a lei.

Che possono fare due persone così diverse sul piano emotivo, per ritrovare la pace e l'intesa?

L’asimmetria nell’importanza che la coppia dà ai figli può effettivamente originare una crisi profonda, sino alla frattura. Credo d’altra parte che lei, sinora, non debba rimproverarsi nulla: né per come ha affrontato i numerosi tentativi di fecondazione assistita, né per il fatto di avere tanti amici e condurre una vita ricca e intensa. Però, se il “progetto” che vi ha uniti per così tanti anni ha per lei ancora un senso, ora dovrebbe cercare di aiutare sua moglie a uscire dalla depressione e a trovare poco per volta nuove ragioni per vivere ed amare.

In concreto, come ci consiglia di agire?

Il recupero della vostra relazione passa innanzitutto attraverso la cura della depressione di sua moglie. E una depressione di questo tipo si combatte normalmente su tre fronti complementari:
- prima di tutto, con un aiuto farmacologico su misura, naturalmente prescritto dal medico curante. Attenzione: gli antidepressivi non cambiano la realtà degli eventi che colpiscono, ma migliorano la nostra capacità di affrontarli e superarli. Quelli di ultima generazione, gli “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” (SSRI), sono estremamente maneggevoli e danno ottimi risultati anche a dosi molto basse;
- in secondo luogo, dando parole alla sofferenza, con una psicoterapia che aiuti a esprimere il dolore, la frustrazione, la rabbia, ad aderire alla realtà delle cose e ad accettare di vivere in pienezza il proprio futuro anche senza il figlio tanto desiderato;
- infine, cercando di non chiudersi in casa, nell’immobilità fisica e psichica, ma dedicando almeno un’ora al giorno al movimento fisico, tornando a frequentare gli amici, concedendosi ogni tanto una piccola gioia quotidiana.
Lei può agire soprattutto sotto quest’ultimo aspetto, che è tutt’altro che secondario. Dedichi a sua moglie il tempo che serve, anche se qualche volta questo le costerà un aperitivo con gli amici, o un incontro di tennis. La sorprenda, di tanto in tanto, con un fiore, o un piccolo pensiero. La riporti nel ristorantino dove andavate sempre, da fidanzati. Le proponga, se potete, una breve vacanza. Ma soprattutto le parli sempre con pazienza e dolcezza, la ascolti, la aiuti a esprimere il suo dolore, condivida con lei i suoi pensieri e, perché no, la sua paura di perderla. Se poi amate i libri, le proponga di leggere insieme qualcosa che la aiuti a trovare un senso in quello che è successo, e a scoprire che la vita riserva davvero tante cose belle a cui pensare e per le quali vale la pena spendersi con amore e nella libertà. La aiuti, insomma, a non sentirsi più una donna sterile, ma una donna: attraente, intelligente, amata, colma di una dignità e di una grandezza che nessun limite biologico può mettere in discussione. In questo modo potrete ritrovare un cammino comune, e anche una rinnovata e serena intimità.

Depressione Fertilità e infertilità Rapporto di coppia

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter