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Amore, attenzione, concentrazione, dedizione: le quattro attitudini chiave per eccellere nel lavoro

Amore, attenzione, concentrazione, dedizione: le quattro attitudini chiave per eccellere nel lavoro
21/09/2020

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Quali sono gli ingredienti per eccellere nel lavoro? Li ho ritrovati, espressi per tutta la vita, nel modus operandi e nello stile professionale di Ottorino Nonfarmale, il più grande restauratore d’arte italiano, mancato da poco. Vittorio Sgarbi gli ha dedicato un accuratissimo e illuminante articolo, che dà la misura della grandezza e del metodo di lavoro scientifico e umanistico di questo italiano di rara caratura, su “Il Giornale” di ieri.
I Maestri, in ogni disciplina, diventano tali perché sono esempi, quotidiani e straordinari, di un modo speciale di vivere, esprimere e realizzare il proprio lavoro. Quattro i grandi affluenti della grandezza e del carisma di un Maestro: l’amore assoluto per il proprio lavoro; un’attenzione accurata ai dettagli, in costante dialogo con la visione d’insieme; la capacità di concentrazione, di focalizzare tutte le energie della mente e del cuore in un progetto di studio, di ricerca e di realizzazione, che fonda insieme conoscenza, competenza e capacità di pensare dentro e fuori degli schemi; e la dedizione, che significa anche rinuncia e sacrificio, per eliminare dalla vita il molto di seduttivo e di inessenziale che la distrae o la inquina. Pur senza raggiungere le vette della professione, per le quali servono anche talenti non comuni, sono ingredienti preziosi per fare bene e con soddisfazione il proprio lavoro.
Con quale realtà ci confrontiamo oggi? Quanto amore, attenzione, concentrazione e dedizione per il proprio lavoro sono espressi dai nostri giovani? L’articolo su “I doveri dimenticati” di lunedì scorso ha suscitato molti commenti e consensi. Mi scrive un collega che lavora in un prestigioso istituto oncologico italiano: «Condivido ogni parola scritta nell’articolo su I doveri dimenticati. Purtroppo la mancanza di responsabilità personale si diffonde anche tra gli strati di popolazione che dovrebbero essere artefici in prima persona del mondo in cui viviamo. Ho colleghi specializzandi, cui insegno, per i quali studiare e apprendere è quasi un favore che fanno a me: e parlo di formazione di sala operatoria per la chirurgia dei tumori. Noi eravamo assetati di ogni goccia di sapere che potevamo assorbire, consci che solo la nostra migliore formazione avrebbe garantito un servizio adeguato alle persone malate che a noi si sarebbero affidate. Dopo quarant’anni di professione intensa e dedicata devo trascinare giovani trentenni senza entusiasmo, preoccupati prevalentemente della loro immagine sui social. Ho dovuto vietare di portare il cellulare in reparto, in quanto l’avviso dell’arrivo di un qualsiasi whatsapp diventava più importante delle riflessioni sul paziente, creando disattenzione, incapacità di concentrazione e (momentaneo?) scollamento dalla realtà. Dopo tanti anni di studio e di lavoro, credo sia necessario che i professionisti di alto livello, con una capacità critica sull’evoluzione della società, esprimano chiaramente e con ogni mezzo i concetti che hai espresso, e si impegnino per far cambiare la situazione. Ne va del futuro di questa società, futuro a cui molti di noi hanno dedicato professionalmente (e non solo) le proprie migliori energie per una vita».
Riflessione molto amara. E’ un problema solo delle facoltà di Medicina? No. C’è uno scollamento drammatico tra la retorica mediatica sui diritti e sulle capacità dei giovani, e la realtà, evidente anche a livello aziendale. Il livello culturale medio è sempre più basso e deteriorato. La conoscenza dell’italiano è approssimativa e grossolana, non parliamo dell’inglese. La motivazione alla professione langue, lo studio è una seccatura, tutto è dovuto. L’amore vero per il lavoro è raro. L’attenzione è distratta dal telefonino: perché non ne vietiamo l’uso in tutte le classi di ogni ordine e grado, per studenti e insegnanti? Perché non si vieta il telefono privato sul lavoro? Ne guadagnerebbero molto attenzione, concentrazione e disciplina. Per la dedizione ci vuole passione: le famiglie dovrebbero interrogarsi su questa crisi etica trasversale, infettiva e corrosiva di ogni slancio, che pervade il mondo di molti giovani. Certo, ci sono luminose eccezioni: con giovani brillanti e appassionati, che hanno quasi sempre solide famiglie alle spalle. La maggioranza mostra tuttavia limiti crescenti, che affondano nel lassismo educativo di troppe famiglie e nell’impoverita qualità della scuola. In un mondo in crisi, amore per lo studio e per il lavoro, attenzione, concentrazione e dedizione potrebbero stimolare la rinascita di nuove risorse, prima che sia troppo tardi.

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