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Adolescenti: le quattro parole magiche e i rischi dei social network

08/12/2014

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Cosa vorrebbero gli adolescenti dagli adulti? Quattro sono le parole magiche, e i relativi comportamenti, individuati dai ragazzi che hanno partecipato a una ricerca condotta dall’associazione “Laboratorio Adolescenza” in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (SIP).
La prima è attenzione: che non significa oppressione o ipercontrollo, ma sensazione di esistere nel cuore e nella mente dei genitori, sempre più distratti da mille incombenze. Connessi magari virtualmente, ma poco capaci di essere significativi e affettuosamente presenti nella vita dei figli. Attenzione significa sintonizzazione verbale e non verbale, intuizione, sentire il malessere o la solitudine di un figlio senza che per capirlo si debba arrivare a comportamenti o situazioni estreme.
La seconda è dialogo, che non significa trattabilità di ogni regola, né su ogni cosa. Questo mi sembra un punto cruciale. Fin da piccolissimi, i nostri figli riescono a forzare le regole, con adulti più o meno compiacenti se non complici, che non percepiscono il danno sommatorio di questo loro comportamento. Non porre limiti, spiegati ma da far rispettare con affettuosa fermezza, significa non dare argini alla vita e all’energia di un figlio che cresce. Senza argini, l’energia non è più un fiume che scorre deciso verso una meta, ma un destino che s’impantana in palude. Meglio un dialogo vivace (ma senza insulti né turpiloquio) su posizioni diverse, che un arrendersi su ogni cosa. L’adolescente sano apprezza e rispetta molto di più il genitore attento che sa dialogare come base del suo essere autorevole, che non il genitore burattino da manovrare come vuole. Manovrabile ma che in fondo lo delude, proprio per questa incapacità di essere un riferimento, capace anche di opporsi fermamente.
La terza parola magica è comprensione, che non significa giustificazione: «Posso comprendere perché hai sbagliato, ma non per questo ti giustifico». Comprensione che dà un senso evolutivo e di apprendimento all’errore, ma non esclude la stigmatizzazione, il rimprovero o la punizione, quando opportuna.
Infine ascolto, che non significa interrogatorio: purtroppo molti genitori assimilano queste due parole, sostanzialmente diverse. Nell’ascolto, c’è prima di tutto una disposizione d’animo, prima che di orecchi, una disposizione emotivamente affettuosa, prima che cognitiva. L’interrogatorio è esattamente l’opposto: perché si fonda sulla ricerca di una serie di eventi, invece che dei loro vissuti, delle emozioni e dei sentimenti che li accompagnano, tutti essenziali nell’ascolto vero.
Onestamente, mi farebbe piacere trovare in qualche ricerca le quattro parole magiche che i genitori vorrebbero trovare nel rapporto con i figli, oggi molto più complessi di ieri e con molte più vulnerabilità. E anche qualcosa sui doveri dei figli (parola quasi scomparsa dal lessico familiare, scolastico e sociale, con tutte le drammatiche distorsioni che ne conseguono).
Infine, molto si dice sull’effetto negativo dei social network. Sempre nella ricerca condotta da “Laboratorio Adolescenza”, rispetto a chi non usa i social, o ne usa solo uno, chi ne usa più di tre (“abuso di social”) è molto più a rischio su molteplici fronti: fumo: 15% contro 44,6% dei social-user; uso di cannabis: 2,8 contro 11,8%; vino: 37,7% verso 52,2%; birra: 36,3 vs 60%; liquori: 14,2 vs 30,8%; ubriacature: 4,9 vs 21,7. Tanto social vuol dire allarme rosso per la crescita sana di un figlio: perché significa troppa vita virtuale, poco sport, pochissimo studio, zero lettura, scarsissima cultura e perdita secca di futuro. Significa anche rischio elevato di cyberbullismo, che nelle fasi iniziali può essere provocato da un comportamento eccessivamente disinibito dell’adolescente, che pur di avere i famosi “mi piace” (ossia l’attenzione dei social) si spoglia o si esibisce, adottando comportamenti provocanti o trasgressivi, che espongono a rischi pesanti e diversi.
In sintesi: sintonizziamoci sulla lunghezza d’onda dei figli, con le antenne della testa e del cuore; dialoghiamo, ma con chiaro rispetto delle regole come caposaldo della vita familiare e sociale; educhiamo a una vita più attiva e concreta in termini di sport o altre sane passioni, per ridurre la vulnerabilità alle molte sirene virtuali contemporanee e aumentare gli spazi reali di autorealizzazione e di felicità.

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