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Abuso sessuale e avversione all'intimità

15/03/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Ho 35 anni, sono single per sfiducia totale nel mondo degli uomini. Non ho vocazioni omosessuali. Ho qualche frequentazione femminile, ma nessuna amicizia vera, fuori del lavoro. Vivo e sono sola. Ho un lavoro discretamente soddisfacente, che mi consente almeno un’esistenza senza angosce economiche, e che è la mia ancora di salvataggio. So che la mia sostanziale difficoltà a fidarmi di qualcuno, maschio in particolare, nasce nella mia infanzia. Nelle molestie che ho subito per anni dal fratello più giovane di mia madre. Dai cinque ai dieci anni, credo. La cosa che mi angosciava di più era rischiare di trovarmi sola con lui: era questa paura ad angosciarmi, più ancora delle carezze che non volevo, e dello schifo che provavo a sentire che si eccitava. Ancora adesso l’eccitazione di un uomo, anche al cinema, mi dà il voltastomaco. Così non ci vado quasi più. Mia madre – sono sicura – sapeva, ma non ha mai detto niente, credo per evitare che mio padre, sapendolo, ammazzasse quel delinquente, più per rabbia che per vero affetto verso di me. Mio padre era una persona distante, non ho mai avuto un gesto tenero da lui. Forse a suo modo mi voleva bene, ma non me l’ha mai fatto capire con la tenerezza che vedevo in alcuni papà delle mie compagne di scuola.  Ho fatto una lunga psicoterapia: cinque anni, dottoressa, cinque anni. Forse sono un po’ più serena. Ma la sfiducia totale nei maschi è rimasta inattaccabile. Mi dica: perché è così difficile mettersi alle spalle il trauma dell’abuso, anche con una lunga e dolorosa psicoterapia? Ci sarà mai, per me, la possibilità di una vita affettivamente normale?
Tristezza
Purtroppo è difficile mettersi alle spalle il trauma di un abuso, specialmente se ripetuto nell’arco di anni. Nella sua storia, gentile amica, ci sono diversi fattori che possono spiegare questa maggiore difficoltà. Fattori che spero lei abbia affrontato nella lunga psicoterapia che ha già effettuato. Innanzitutto, la ripetizione dell’abuso, con il picco di ansia anticipatoria e di angoscia che crea, ha un potente effetto negativo sulle basi neurobiologiche del funzionamento psichico. Il trauma emotivo, anche sessuale, non è una nuvola di negatività sopra la testa, ma si scrive profondamente nella biochimica del cervello e condiziona parte dei nostri processi psichici e perfino le nostre reazioni automatiche. Costituisce una vera e propria “sindrome post traumatica da stress”, perché l’abuso sessuale è un fattore di stress gravissimo, fisico e psichico. Tale da creare vere e proprie reazioni fobiche: la nausea e l’avversione, anche fisica, che lei prova di fronte a immagini di eccitazione maschile esprimono proprio la profondità e drammaticità di questo condizionamento negativo, che si è scritto nella sua mente, al punto da condizionare anche le reazioni neurovegetative – la nausea per esempio, le variazioni di pressione, le risposte gastrointestinali , con vomito o diarrea – che sono coordinate appunto dal sistema nervoso centrale, nella sua parte più automatica e antica. Questo tipo di reazione dà bene il senso di quanto profonda sia stata per lei la negatività di questa tragica esperienza. Come aggravanti, e come cause della sua maggiore difficoltà a lasciare questa passato pesantissimo alle spalle, anche i due atteggiamenti genitoriali: il padre assente e una madre di fatto complice, attraverso il suo silenzio e il non averla protetta, con chiarezza e decisione. La sua possibilità di fiducia negli altri, di stabilire rapporti emotivamente e affettivamente gratificanti, è stata lesa al cuore. La sensazione è una sola: “Se mia madre mi ha tradito, se non mi ha protetta e mi ha lasciata sola, di chi altri mi potrò fidare, nella vita?”.
Non è facile uscire da un trauma così, è vero. Tuttavia, una possibile via, che forse in passato non ha considerato, è quella di integrare una terapia farmacologica, che vada ad attenuare progressivamente il terremoto biologico, neurochimico, di tipo fobico, che si attiva ad ogni segnale, anche indiretto, di eccitazione maschile, in parallelo ad una psicoterapia specificamente orientata a de-condizionare questa risposta avversiva. L’integrazione della psicoterapia con farmaci opportuni sembra oggi offrire i risultati migliori e più duraturi. Attenuate decisamente la componenti di avversione istintiva, neurovegetativa, sarà possobile ri-lavorare con risultati più confortanti anche sul tema centrale della fiducia. Per la verità, non solo nei confronti del mondo maschile ma, purtroppo e forse più ancora, nei confronti del mondo femminile. Le auguro di cuore di riuscire finalmente a  vivere giorni luminosi, come merita.

Abuso, molestie, stalking, violenza sessuale e domestica Avversione sessuale

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