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Non ho più l'età per fare un figlio?

16/08/2006

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Il limite anagrafico c'è per entrambi i partner: 35 per lei, 40 per lui. Oltre, aumentano (e di molto) i rischi. Che nemmeno la fecondazione assistita può aggirare. Meglio, dunque, pensarci per tempo.
“Ho 33 anni, mio marito 44. Pensavamo di aspettare ancora qualche anno prima di avere un figlio, visto che sono ancora giovane. Invece, durante una visita andrologica, il medico gli ha trovato un “varicocele”, e gli ha detto di non aspettare ad avere bambini, perché potremmo avere poi tanti problemi. E’ vero? Noi pensavamo che per la donna l’età difficile per concepire cominciasse verso i 40 anni e che l’uomo i figli possa averli, in pratica, quando vuole. E’ vero che l’età pesa anche per lui? E se si fa la fecondazione assistita, il problema dell’età scompare o resta? E se il problema resta, perché i giornali ci fanno vedere i sessantenni che fanno figli come se niente fosse?”.
Sofia e Luca (Aosta)
Sì, gentili lettori, l’età è il più grande nemico della fertilità, anche per lui e non solo per lei. Non solo: l’illusione più grande per una coppia che rimandi la ricerca del primo figlio è il pensare che con la riproduzione assistita si possa ovviare a qualsiasi limite naturale. Attenzione: non è così. Il fatto che ci possano essere concepimenti eccezionali in coppie di età avanzata (con l’ovodonazione, da parte di un’altra donna, quando lei sia in menopausa o comunque con ovociti non più funzionali alla procreazione) è incoraggiante, perché indica il continuo cammino della ricerca e della medicina. Tuttavia, per ora questa opportunità resta eccezionale: per la grande maggioranza delle coppie l’età resta un fattore drammaticamente limitante, non solo nei concepimenti spontanei, ma anche nella fecondazione assistita.

Quale è l'età limite dal punto di vista biologico, per lei e per lui, per un concepimento ottimale?

Contrariamente alle opinioni comuni, il problema dell’età come causa principale di infertilità riguarda entrambi i partner, con una differenza per l’età limite di 5 anni: 35 per lei, 40 per lui. Attenzione: questo non significa che oltre quell’età non si possano aver figli, anche naturalmente, ma che si riducono nettamente le probabilità sia di concepimento, sia di avere un figlio sano.

Che cosa comporta per la donna avere più di 35 anni?

Nelle donne di 35 anni o più, aumentano in modo significativo non solo la difficoltà di concepire, ma anche gli aborti spontanei, il diabete in gravidanza, la placenta previa (ossia posta lungo la via d’uscita del bambino, con rischio quindi di emorragie durante la gravidanza e il parto, maggiore probabilità di parto prematuro e necessità di taglio cesareo). Aumentano anche il rischio di basso peso alla nascita, di presentazioni anomale (ossia le posizioni con cui il bambino si “presenta” all’inizio del canale da parto nel momento in cui inizia il travaglio) e di una maggiore mortalità perinatale.

E se è lui ad avere più di 40 anni?

Oltre quest’età aumenta la probabilità che ci siano più problemi per i figli, anche concepiti con una partner più giovane. Nello specifico, raddoppia il rischio di aborto, mentre aumentano, seppur meno, i rischi di malformazioni congenite e di sindrome di Down.

La riproduzione assistita mette al riparo da questi rischi legati all'età dei futuri genitori?

No, ed è bene dirlo con chiarezza. La stessa tecnologia si scontra con questo fattore fortissimo legato all’età. Dopo un concepimento ottenuto tramite riproduzione assistita, il rischio di diabete gestazionale aumenta del 263 per cento; l’elevata età paterna (oltre i 40 anni) raddoppia il rischio di anomalie congenite; la placenta previa aumenta del 94 per cento; la scelta di un taglio cesareo elettivo cresce del 77 per cento: e la probabilità che il bimbo nasca morto aumenta del 41 per cento, rispetto a un bimbo concepito da genitori più giovani. Pessimismo? No: questi dati sono stati appena pubblicati sull’ultimo supplemento di Fertility & Sterility, la rivista scientifica più prestigiosa al mondo in tema di infertilità. D’altra parte, molti centri di fecondazione assistita non accettano nemmeno le coppie in cui lei abbia più di 38-40 anni (a seconda del centro), visto il crollo di risultati, in termini di concepimento, dopo quell’età.

Qual è l'atteggiamento migliore?

Il messaggio è uno solo. Se un figlio è una priorità, è saggio cercarlo non oltre i trent’anni per lei e i trentacinque per lui: cosicché, quand’anche ci fosse un problema, il ricorso alla fecondazione assistita avvenga prima della soglia dei trentacinque anni di lei. Solo così si ha la massima probabilità non solo di riuscita, in termini di concepimento, ma anche di avere gravidanze a decorso normale e bimbi sani in braccio. Certo, nella scelta di avere un figlio si scontrano tante “età ideali”: psicologica, economica, relativa alla realizzazione personale e professionale. Tutte devono essere considerate nella valutazione esclusivamente individuale che la coppia fa. L’importante è che, nella scelta, non si diano per certe possibilità che invece potrebbero rivelarsi dolorose illusioni. Un atteggiamento consapevole, che sappia tener conto di tutte le variabili in gioco, è il modo migliore affinché i limiti, naturali o meno, con cui tutti ci confrontiamo, siano considerati costruttivamente, e  con saggezza, per realizzare appieno il proprio progetto di vita.

Approfondimento - Il check della fertilità

Mediare le diverse età ideali per avere un bimbo non è (sempre) facile. Un check preliminare potrebbe tuttavia farci intuire se l’orizzonte procreativo sia ancora ampio o meno, così da fare le scelte migliori... giocando d’ anticipo. Gli esami tradizionali includono:
- conferma della capacità ovulatoria e di un’adeguata riserva funzionale dell’ovaio. Ce lo dicono, oltre alla regolarità del ciclo, la misurazione della temperatura basale, bifasica quando c’è l’ovulazione, il dosaggio del progesterone nella seconda metà del ciclo, e il dosaggio dell’ormone follicolostimolante (FSH) in terza giornata dall’inizio del flusso;
- l’esame del liquido seminale (spermiogramma) da completare con visita andrologica in caso di anomalie;
- la storia sessuale, relativa anche alla frequenza dei rapporti e alle loro modalità;
- la dimostrazione della pervietà delle tube (che potrebbero essere stata lese da pregresse infezioni, specie da chlamydia) mediante sonoisterosalpingografia, isterosalpingografia o laparoscopia. Esami questi ultimi che, data la maggiore invasività, sono da effettuare solo su indicazione medica se il desiderio del figlio è già pronto per diventare progetto.

Fecondazione assistita Fertilità e infertilità Primo figlio

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